Mentre la nuova legge sulla montagna proposta dal ministro agli Affari regionali, Mariastella Gelmini, affronta i marosi della discussione parlamentare, emerge uno degli aspetti che rendono tale proposta decisamente rivoluzionaria non solo per l’attenzione strutturale volta a territori del Paese storicamente penalizzati dalla scarsa attenzione della politica, ma anche per un volano destinato a cambiare in meglio l’economia delle “zone alte” che passa attraverso il riconoscimento dei crediti di carbonio silvopastorali.
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Autore del contenuto dell’articolo 17 della proposta di legge è Francesco De Bettin, un ingegnere Bellunese del Comelico da dove, assieme ai suoi tre fratelli, ha fondato un gruppo di servizi d’ingegneria forte di un fatturato globale di 100 milioni di euro, che ha ideato una sorta di quadratura del cerchio.
De Bettin, che presenta in anteprima al pubblico italiano la sua proposta in quest’intervista a “Focus” di “ViViItalia Tv”, condotta dall’esperto in comunicazione e analisi politica, Gianfranco Merlin, e dal direttore de “il NordEst Quotidiano”, Stefano Elena, illustra i contenuti della sua “rivoluzione” verde: «di fatto, viene istituito un registro dei crediti di carbonio che ogni anno mettono a disposizione le foreste e i pascoli con cui si certificano le tonnellate di carbonio assorbite dai sistemi vegetali, facendo la tara con le attività di produzione di legno e di manutenzione dell’ambiente. Di fatto, i crediti di carbonio cosi calcolati e certificati possono essere rivenduti a soggetti che, non potendo ridurre le proprie emissioni inquinanti e che sarebbero soggetti alle sanzioni per il supero dei limiti, possono acquistare i crediti per equilibrare il loro bilancio di carbonio. Così – sottolinea De Bettin la parte più “concreta” – i proprietari di foreste e di pascoli, quasi sempre le comunità locali a forte impronta pubblica o associativa, potranno acquisire risorse da spendere in termini di servizi sul territorio. Pure lo Stato ci guadagna, sia dalla tassazione della vendita dei crediti, che dalla minore necessità di erogare direttamente fondi ai territori interessati».
Uno scenario che, dopo l’Italia, potrebbe trovare rapida applicazione anche in Europa, a vantaggio dell’implementazione concreta dell’economia circolare e dei territori più svantaggiati.
Buona visione.
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