Emigrazione italiana in crescita con destinazione Europa, specie se giovani

Il problema dello spopolamento della nazione che invecchia sempre di più. Necessario un programma per facilitare il rientro degli emigranti e degli oriundi.

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emigrazione italiana gli italiani nel mondo

Cresce l’emigrazione italiana secondo i dati forniti dall’Istat, con i giovani che lasciano la nazione per andare a vivere all’estero: al 31 dicembre 2022 sono 5.940.000, registrando una crescita di 97.000 persone rispetto all’inizio dell’anno. Oltre la metà (58%) sceglie di restare in Europa (3.246.000) mentre più di 2.384.000 risiedono in America. Tra i Paesi più attraenti il Regno Unito, la Germania e la Francia.

Al continente europeo segue l’America Latina dove, nel complesso, nello stesso anno, gli espatri sono quasi 7.000 (7,0% sul totale dei flussi). Tra le mete extra europee seguono gli Stati Uniti (4,6%) e il Brasile (3,7%). Verso i Paesi dell’America Latina si dirigono soprattutto i cittadini italiani nati all’estero, cioè individui precedentemente giunti in Italia che, una volta acquisita la cittadinanza italiana “iure sanguinis” (in quanto discendenti di generazioni di emigrati italiani) fanno rientro nel Paese di origine.

Ad espatriare nel 2022 sono stati per lo più giovani: il 54% con un’età compresa tra i 20 e i 39 anni e il 18,4% under 20. Per quest’ultimo gruppo si tratta, prevalentemente, di bambini e giovani che si muovono con i genitori. Quasi 31.000 (il 30,7%) sono in possesso di almeno una laurea e 32.000 di un diploma (32,5%). Il consolato che registra la presenza più alta di italiani è quello di Londra, dove nel 2022 risultano risiedere quasi 375.000 connazionali (su 456.000 dell’intero Regno Unito). Sono per lo più uomini e tra i più giovani dell’intero contingente residente all’estero. Segue Buenos Aires, con poco più di 322.000 italiani, in questo caso sono di più le donne e l’età mediana è pari a 49 anni.

Il rapporto sull’emigrazione italiana evidenzia che il numero di cittadini italiani residenti all’estero cresce nel 2022 per varie cause: nei flussi migratori con l’Italia gli espatri oltrepassano di oltre 25.000 unità i rimpatri; si contano 25.000 nascite contro 8.000 decessi e si registrano 85.000 acquisizioni di cittadinanza italiana (stima che comprende, oltre alle acquisizioni per matrimonio e per trasmissione al minore convivente, soprattutto i riconoscimenti della cittadinanza italiana “iure sanguinis”, pari al 49%, per gli oriundi e discendenti da emigrati italiani).

L’età media dei connazionali all’estero è di 43 anni, ma c’è una forte variabilità in base ai Paesi: si va dai 33 anni di chi risiede in Austria ai 58 anni in Canada. Guardando a chi decide di rimpatriare, la quota di giovani tra i 20 e i 39 anni è più contenuta rispetto agli espatri. Risulta differente anche la composizione per titolo di studio: il 47,7% ha un titolo inferiore al diploma, mentre i laureati costituiscono solo il 22,8%. Quasi la metà (il 45,9%) è diretto verso il Nord, il 19,7% al Centro e il 34,4% nel Mezzogiorno. La prima regione per numero di rimpatri è la Lombardia, dove si registra il 17,8% dei rientri, seguita dal Lazio (10,6%), dalla Sicilia (9,5%) e dalla Campania (8,2%).

Le regioni da cui prevalentemente origina l’emigrazione italiana sono la Lombardia (19.000 espatri, pari al 19,2% del totale), il Veneto (poco meno di 10.000 espatri, 9,6%), la Sicilia (8.000, 8,2%) e l’Emilia Romagna (poco meno di 8.000, 7,6%). Le province che registrano i numeri più elevati di espatri sono quelle di Milano, Roma, Torino, Napoli e Brescia: nel 2022 un quinto delle partenze ha origine nel complesso di queste province.

Il viaggio del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in Brasile a visitare dopo 26 anni dall’ultimo viaggio di un presidente la comunità italiana di quel paese che viene stimata in circa 30 milioni di persone da emigrati e loro discendenti riporta alla luce anche una questione che il governo italiano deve iniziare ad affrontare per controbilanciare l’andamento demografico nazionale.

Aprire un canale preferenziale per assicurare l’ingresso in Italia di emigrati, oriundi e loro discendenti, potrebbe essere una leva per evitare il declino demografico e i problemi che questo comporta in termini di sostenibilità del sistema produttivo e sociale nazionale. Specie per realtà nazionali in crisi come l’Argentina, avere la possibilità di entrare in Italia con un canale privilegiato che assicuri alle persone qualificate un posto di lavoro e un alloggio per il nucleo familiare potrebbe essere una strategia vincente e meno socialmente impattante rispetto all’apertura agli ingressi da realtà geografiche culturalmente, socialmente, linguisticamente e religiosamente troppo lontani da quella italiana.

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