Telecom deve al gruppo TV7 i canoni per le antenne, lo dice la Cassazione

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Padova. É stata la terza sezione civile della Suprema Corte, presieduta dal giudice Maria Margherita Chiarini, a riconoscere le ragioni delle società Triveneta e Micro Wave Network del Gruppo padovano TV7 contro Telecom, per i canoni di locazione dello spazio antenne di via dell’Orologio nel capoluogo.

La vicenda risale ai primi anni duemila quando il Gruppo TV7 aveva dato in sublocazione, all’allora compagnia telefonica mobile Blu, uno spazio per installare antenne e tralicci.

Con la fusione tra Blu e Telecom del 2003, la nuova compagnia TIM aveva comunicato al Gruppo Tv7 il subentro nel contratto di sublocazione ed il recesso per eccessiva gravosità. Da qui era scaturito un contenzioso tra le società televisive, che pretendevano i canoni arretrati per il recesso anticipato, ed il gestore di telefonia mobile TIM.
Nel 2012 era stato il Tribunale di Padova, con due sentenze difformi, a dare rispettivamente ragione a Triveneta e respingere, invece, le pretese di Micro Wave Network contro TIM.

I successivi appelli si erano conclusi entrambi a favore di TIM. Secondo il giudice di secondo grado: “Telecom, nella lettera del 13 marzo 2003, aveva rappresentato in modo sufficientemente chiaro, seppur sintetico, le ragioni del recesso ovvero l’eccessiva onerosità della prosecuzione del rapporto a seguito dell’avvenuta fusione per incorporazione di Blu e l’evidente antieconomicità di conservare i
contratti finalizzati alla trasmissione del segnale, avendo TIM già una propria rete mobile. La specificità dei motivi di recesso poteva ritenersi sufficientemente esplicitata mediante il richiamo alla fusione tra le due compagnie.”

Decisioni ribaltate dalla Suprema Corte che ha accolto le doglianze di Triveneta e Micro Wave Network secondo cui “la decisione della Corte di appello contrasterebbe con la consolidata giurisprudenza di legittimità per cui, ai fini del valido ed efficace esercizio del diritto di recesso, il conduttore deve comunicare al locatore i gravi motivi, indipendenti dalla sua volontà, che rendono particolarmente gravosa la prosecuzione del rapporto. Infatti, nella missiva con cui ha comunicato la volontà di recedere, Telecom si sarebbe limitata ad indicare, quale motivo, l’avvenuta fusione per incorporazione, senza addurre l’antieconomicità del mantenimento del sito.”

Così, con due sentenze pubblicate il 17 luglio scorso, la Cassazione ha accolto il ricorso, ha annullato entrambe la sentenza di secondo grado e ha rinviato gli atti alla Corte di Appello di Venezia per una nuova decisione.

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