Rigettato il ricorso dell’Agenzia del Demanio concernente la realizzazione di un porto turistico a Fano

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Nella vertenza, la società Marina Dei Cesari S.r.l. è affiancata dagli avvocati Stefano Zunarelli e Franco Fiorenza.

L’Agenzia del Demanio propone due motivi di ricorso per la cassazione della sentenzaa n. 1090/2019 del 1.7.2019, con la quale la Corte di Appello di Ancona, a conferma (sebbene con diversa motivazione) della decisione del Tribunale di Pesaro, ha ritenuto illegittimi tre provvedimenti emanati dal Comune di Fano (in data 30 gennaio e 30 aprile 2009, nonché 7 ottobre 2010) aventi ad oggetto l’aumento del canone demaniale – ex articolo 1, comma 252, l.296/06 – dovuto per gli anni 2008/10 dalla Marina dei Cesari srl sulla concessione ad essa rilasciata il 25.2.2003 per la realizzazione e gestione del porto turistico di Fano (d.P.R. 509/97).

La Corte di Appello, in particolare, ha osservato che l’ammontare del canone poteva effettivamente mutare per effetto di una disciplina sopravvenuta, non incidente per ciò solo sul sinallagma contrattuale e legittimamente invocabile dall’amministrazione comunale in quanto delegata in materia dalla Regione Marche (LR 23/2002); la questione della rideterminazione dei canoni sui rapporti di concessione già in essere all’entrata in vigore della legge finanziaria del 2007, il cui articolo 1 comma 253 aveva aggiunto all’articolo 3 del d.l. n. 400 del 1993 il comma 4 bis sulla durata delle concessioni che prevedessero opere da realizzare, era stata tuttavia già risolta dalle sentenze della Corte Costituzionale nn. 302 del 2010 (concessioni per attività turisticoricreative) e 29 del 2017 (concessioni per la realizzazione di opere e strutture per la nautica da diporto).

Inoltre, nel caso di specie, si trattava appunto di concessione anteriore al 2007 e recante l’impegno del concessionario (art. 1) di costruire determinate infrastrutture portuali, le quali avrebbero acquistato natura demaniale solo alla scadenza della concessione (avente durata di 75 anni), con conseguente inapplicabilità dei criteri di determinazione dei canoni a valore di mercato; né il Comune aveva provato che la pretesa di maggior canone si riferisse all’applicazione del valore di mercato ai soli beni originariamente esistenti al momento del rilascio della concessione, non anche a quelli successivamente realizzati dalla società.

La Corte di Cassazione, rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.000,00, oltre euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario ed accessori di legge.

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