Padova. È stata la seconda sezione della Cassazione penale, presieduta dal giudice Piercamillo Davigo, a dichiarare inammissibili per rinuncia rituale i ricorsi presentati dall’imprenditore Antonio Carraro, dalla consorte Luciana Franceschi e dalla figlia Barbara Carraro, contro l’ordinanza di sequestro preventivo del Tribunale di Padova richiesto dall’armatore Giovanni Visentini. La sentenza è stata emessa lo scorso 4 ottobre.
Barbara Carraro è assistita dall’avvocato Bruno Barel dello studio legale Barel Malvestio e Associati.
Antonio Carraro e Luciana Franceschi sono assistiti dall’avvocato padovano Niccolò Ghedini.
Giovanni Visentini è assistito dall’avvocato Gian Piero Biancolella.
Era stato l’armatore polesano Giovanni Visentini a presentare contro i ricorrenti una denuncia per truffa e falso alla procura della repubblica di Padova, in seguito alla quale erano stati sequestrati alla famiglia Carraro conti correnti e dossier titoli per oltre 4 milioni di euro: l’equivalente del prezzo di acquisto di Palazzo Rampinelli Lanfranchi di Venezia, venduto dai Carraro a Visentini nei primi mesi del 2017.
I venditori – si legge nell’ordinanza di sequestro del Tribunale di Padova – avevano venduto al “sig. Visentini, un immobile, artatamente tacendo al compratore la circostanza che lo stesso non fosse in regola con la normativa edilizia ed urbanistica.”
Secondo i Carraro, invece, nell’ordinanza di sequestro “il Tribunale aveva omesso di valutare la documentazione prodotta dalla quale emergeva in modo evidente sia l’insussistenza del fatto (ovvero dell’abuso edilizio denunciato) sia la mancanza di consapevolezza da parte dei ricorrenti di compiere false attestazioni al notaio, e conseguentemente, l’infondatezza del contestato reato di truffa contrattuale”.
In particolare la contestazione a carico di Barbara Carraro, delegata dalla famiglia alle trattative, “assume il difetto di dolo, non essendosi evidenziate le ragioni in base alle quali la Carraro e la madre sarebbero state consapevoli della contestata irregolarità degli interventi edilizi realizzati nel 1976. Di contro, l’aver allegato proprio la planimetria raffigurante i lavori realizzati costituiva espressione della più assoluta buona fede di tutti i soggetti coinvolti nella vicenda e riprova della convinzione dell’intervenuta sanatoria con riferimento all’istanza presentata oltre trent’anni addietro.”
Così la Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili per sopravvenuta rituale rinuncia: le famiglie Carraro e Visentini hanno trovato un accordo sul palazzo.
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