Novembre è il mese della prevenzione per il tumore della prostata, una delle neoplasie più diffusa tra quelli che colpiscono la popolazione maschile, ma che oggi si convive sempre di più con questa patologia se la si diagnostica per tempo.
Il tumore alla prostata è una patologia oncologica insidiosa e silente, che va a colpire una ghiandola presente nell’uomo che ha le dimensioni di una castagna e la cui funzione principale è quella di produrre una parte del liquido seminale, che viene rilasciato durante l’eiaculazione. Data la particolarità della malattia, che spesso e volentieri porta sintomi considerevoli solo quando è in stadio avanzato, è doveroso promuovere un’attività di prevenzione e ancor prima di sensibilizzazione al controllo periodico che possa coinvolgere gli uomini dai 50 anni in su.
Il presidente di “Europa Uomo”, Claudio Talmelli, ha sottolineato, come sia in cantiere «un progetto “pilota” in collaborazione con Regione Lombardia che intende convocare periodicamente in controlli alla prostata la maggior parte possibile degli appartenenti alla fascia di età 50-69 anni» (in Lombardia in totale 1,4 milioni). Questo anche perché attualmente non esistono programmi di diagnosi precoce per questo tipo di tumore, come ad esempio avviene nel caso di tumori al seno e del colon retto, nonostante risulti essere il più diffuso nel genere maschile, soprattutto oltre i 55 anni.
“Europa Uomo” è un’associazione di liberi cittadini nata nel 2003 per difendere il diritto degli uomini ad essere informati sul tumore della prostata e sulla sua prevenzione, ad accedere alla diagnosi precoce e a ricevere le cure migliori in centri di cura specializzati, una rete di 27 realtà dislocate in altrettanti paesi europei che lavorano con le istituzioni, con le società scientifiche, i centri ospedalieri e di ricerca e con il settore privato, per ottenere parità di accesso a diagnosi e terapia di qualità per gli uomini in tutto il continente.
«Si è sempre parlato di un tumore dell’anziano, ma di fatto non è sempre così vero. Tanto per dare dei numeri – ha spiegato Talmelli – diciamo che in Italia attualmente ci sono 574.000 malati viventi affetti da tumore alla prostata già diagnosticata che stanno seguendo le varie cure, ai quali vanno ad aggiungersi 43.000 nuovi casi e 8.000 decessi ogni anno».
Numeri che affermano un alto tasso di incidenza, ma un altrettanto buon tasso di sopravvivenza: «questo vuol dire che con questa malattia si può guarire, si vive a lungo, tant’è vero che il grado di sopravvivenza di affetti a tumore alla prostata è del 93% sui 5 anni e supera di gran lunga l’80% sui 10 anni», precisa Talmelli.
Qui subentra uno dei problemi nel contrasto efficace al tumore alla prostata, con molti malati che non sanno di esserlo e continuano a condurre una vita ordinaria, seppur costellata di disturbi più o meno invalidanti che possono solo aumentare in caso di scoperta tardiva e terapie connesse. Insomma, «il fatto di vivere a lungo vuol dire anche che la qualità della nostra vita non sarà buona e dunque – ha avvertito il presidente di “Europa Uomo” – dovremo mettere in campo alcuni espedienti».
L’ostacolo per la prevenzione è anche psicologico e culturale. In primo luogo per una nota minor puntigliosità nell’interesse alla salute degli uomini e una maggior reticenza al controllo “spontaneo” rispetto alle donne, a cui si aggiunge un discorso di virilità e di autostima, data l’area intaccata, che spesso comporta la sottovalutazione dei sintomi.
«Le problematiche più gravi o comunque più sentite dal maschio – ha osservato Talmelli – per quanto riguarda pazienti in terapia sono la disfunzione erettile, per cui problemi di tipo sessuale, e l’incontinenza urinaria unita a perdite fino a sei volte al giorno, con conseguente uso quotidiano di assorbenti igienici.
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