Per oltre 24.000 donne italiane con tumore al seno metastatico, pari al 65% dei casi per questo tipo di neoplasia, la chemioterapia può essere evitata e sostituita con cure mirate, evitando l’impatto debilitante della chemio sull’organismo. La svolta arriva da un grande studio internazionale, coordinato da ricercatori italiani e pubblicato su Lancet Oncology, che ha dimostrato per la prima volta che in queste pazienti la combinazione di ormonoterapia e delle nuove terapie a bersaglio molecolare (inibitori di CDK4/6) è più efficace o equivalente rispetto a tutti i regimi di chemioterapia.
I ricercatori hanno effettuato un’analisi di 140 studi (pubblicati fra il 2000 e il 2017) di tumore al seno metastatico che ha incluso 50.029 pazienti, dimostrando anche che la nuova “combinazione” di terapie è migliore anche rispetto alla sola ormonoterapia standardpoiché la sopravvivenza libera da progressione della malattia è raddoppiata.
Lo studio è il risultato di una collaborazione internazionale, coordinata da Mario Giuliano dell’Università Federico II di Napoli e Daniele Generali dell’Università di Trieste, con la partecipazione di molti ricercatori italiani.
In Italia, nel 2018, spiega Lucia Del Mastro, responsabile Breast Unit dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova, «sono state stimate 52.300 nuove diagnosi di carcinoma della mammella e circa 37.000 donne vivono con la malattia in fase metastatica. Questo studio ha coinvolto pazienti con la patologia metastatica positiva per i recettori ormonali ed HER2 negativa, ovvero il 65% di tutti i casi metastatici». Per queste donne, il nuovo studio si dimostra «molto importanteperché, per la prima volta – afferma l’oncologa – pone a confronto l’efficacia dei regimi oggi disponibili di chemioterapia e ormonoterapia, con o senza terapie mirate. E conferma quanto stabilito dalle linee guida internazionali, che raccomandano, anche in prima linea, cioè come primo trattamento, l’impiego dell’ormonoterapia con o senza terapie mirate, posticipandol’uso della chemioterapia in queste pazienti».
La nuova combinazione, evitando la chemio, può essere utilizzata sia per le pazienti che al momento della prima diagnosi hanno già metastasi che per quelle già operate ma che presentano una recidiva con metastasi. Sono chiari i vantaggi di una scelta di questo tipo in termini, afferma Del Mastro, di «minore tossicità e migliore qualità di vita. Sarebbe dunque non etico continuare a trattare questo tipo di pazienti con la chemio».
Tuttavia, nonostante le raccomandazioni internazionali, oggi la chemioterapia è ancora diffusa nella pratica clinica per queste pazienti in oltre il 40% dei casi: «ci auguriamo che l’analisi pubblicata su The Lancet possa cambiare la tendenza». La chemioterapia resta però importante ed è necessaria se le cellule tumorali diventano definitivamente resistentiall’ormonoterapia: «questo succede in vari casi, ma spesso dopo anni. Inoltre – sottolinea Del Mastro – altri farmaciinnovativi sono in arrivo e magari, in futuro, la chemio potrà essere definitivamente evitata».
La nuova combinazione con inibitori CDK4/6 «sta progressivamente sostituendo la chemioterapia in prima linea, proprio perché, a parità o maggiore efficacia – conclude Giuliano – garantisce una migliore qualità di vita grazie all’ottima tollerabilità, ma non viene meno l’importanza della chemioterapia, soprattutto nelle pazienti già trattate».
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