I medici in Italia non mancano, ma sono male distribuiti e retribuiti peggio, specie quelli che lavorano nel Servizio sanitario nazionale e a poco vale aumentare il contingente dei sanitari di 1.000 unità nel 2035 denuncia la Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, secondo cui «in quell’anno andranno in pensione soltanto 6.263 medici, 1.000 in meno rispetto al 2034. Ci troveremo dunque, solo in quell’anno, con un esubero di 13.000 nuovi medici specialisti, che andranno a sommarsi agli esuberi degli anni precedenti – denuncia il presidente Filippo Anelli -. Diverse proiezioni indicano infatti negli anni compresi tra il 2030 e il 2032 l’inizio di una nuova pletora medica».
La Fnomceo in una nota prende atto «con preoccupazione delle anticipazioni di stampa riguardanti i fabbisogni formativi per Medicina per il prossimo anno accademico, indicati dal ministero della Salute e contenuti nell’accordo che sarà vagliato dalle Regioni per poi approdare in Conferenza Stato-Regioni».
Per quanto riguarda i Laureati magistrali a ciclo unico per Medicina, Veterinaria e Odontoiatria la richiesta, precisa Anelli, è di 22.188 (+1.272 in più rispetto ai 20.916 dell’anno passato e +2.881 dell’anno accademico 2022/2023 quando la richiesta era di 19.307 posti). Di questi, 19.286 sono per medico chirurgo, con un aumento di 1.153 rispetto ai 18.133 dello scorso anno.
«Per i medici – spiega Anelli – una corretta programmazione va fatta da qui a dieci anni: tanto, infatti, ci vuole, per formare completamente un medico e metterlo in condizione di lavorare nel Servizio sanitario nazionale. Già oggi – aggiunge Anelli – non mancano i medici: ancora l’ultimo Rapporto Fnomceo-Censis, indica che in Italia non c’è carenza di medici perché sono 410 per 100.000 abitanti, dato superiore a quelli di paesi come Francia (318 medici per 100.000 abitanti) o Paesi Bassi (390 medici per 100.000 abitanti). Sono invece non attraenti nel Servizio sanitario nazionale le condizioni di lavoro e le retribuzioni contrattuali che, per i medici nella pubblica assistenza, nel periodo 2015-2023 sono addirittura diminuite in termini reali del 6,1%». Per Anelli «è urgente non formare più medici, ma attrarre e trattenere i medici stessi, soprattutto i giovani, all’interno del Servizio sanitario nazionale».
E il ridotto livello reddituale dei medici in Italia dopo 10 anni di formazione è stridente: se nel Ssn il livello medio reddituale è di 60.000 euro, negli altri paesi europei è più che doppia: 132.000 in Francia, 155.000 in Gran Bretagna, 167.000 in Germania, 178.000 in Danimarca, 197.000 in Irlanda fino ai 255.000 euro all’anno in Olanda. Non ci si meraviglia se un giovane medico – e non solo lui – formato in Italia generalmente con un costo a carico dello Stato di circa 300.000 euro fugga all’estero: nel solo 2023 se ne sono andati 6.000, pari ad oltre 200.000 dal 2000 e altri 20.000 sono pronti a fare le valige entro i prossimi mesi.
Senza dimenticare che l’Italia, assieme alla Polonia, è ancora l’unico paese europeo che mantiene per i medici una pesante responsabilità penale nel caso di errore medico, che comporta anche onerose coperture assicurative, da cui deriva tutta una serie di atti di medicina preventiva che finiscono con l’ingolfare le richieste di medicina specialistica che aumentano i costi sostenuti dalla sanità pubblica senza che ci sia un effettivo bisogno diagnostico.
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