Come fanno le cellule artificiali a differenziare i neuroni

Un gruppo di ricerca guidato dall’Università di Trento ha sviluppato cellule artificiali in grado di comunicare con le cellule neuronali e farle differenziare. Balzo in avanti nell’impiego di cellule artificiali a scopi terapeutici.

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Una nuova ricerca coordinata dall’Università di Trento e finanziata dalla Fondazione Armenise Harvard sviluppa per la prima volta cellule artificiali in grado far differenziare i neuroni. Lo studio, pubblicato su Science Advances, dimostra che mimi cellulari costruiti in laboratorio possonoparlare” con cellule neuronali viventi, inducendole a modificarsi. Questo approccio può avere risvolti molto importanti nell’impiego di cellule artificiali a scopi terapeutici.

La ricerca è frutto della collaborazione fra tre diversi gruppi di ricerca del Dipartimento Cibio dell’Università di Trento: i laboratori di Sheref Mansy, Marie-Laure Baudet e Luciano Conti. I primi due sono stati entrambi vincitori del premio Career Development Award (CDA) della Fondazione Armenise Harvard, che ha supportato la ricerca. Tra gli istituti coinvolti, anche il Consiglio Nazionale delle Ricerche e l’Università dell’Alberta in Canada. 

Il finanziamento Career Development Award (CDA) ammonta a 200.000 dollari all’anno (per un periodo compreso tra i 3 e i 5 anni) e fino adesso ha supportato 27 giovani scienziati per fondare laboratori di ricerca in Italia. Insieme al San Raffaele di Milano, L’Università di Trento è l’istituto di ricerca che ospita più vincitori del grant Armenise Harvard, con 5 ricercatori premiati nell’ultimo decennio.

I ricercatori hanno combinato studi di neuroscienze e di intelligenza artificiale applicati alla biologia cellulare. «Duhan Toparlak, postdoc nel mio laboratorio, ha costruito le cellule artificiali. Nel nuovo studio, abbiamo visto che queste cellule artificiali sono in grado di percepire un segnale fisiologico e, in risposta, le cellule artificiali possono rilasciare uno specifico segnale proteico che porta alla differenziazione delle cellule neuronali» dice Sheref Mansy, biochimico di origine statunitense e leader dello studio. Mansy si è trasferito da Boston a Trento nel 2009, dopo aver vinto il CDA Armenise Harvard. È a capo del Laboratorio di Origine della Vita e Biologia Sintetica al Dipartimento Cibio dell’Università di Trento e professore al Dipartimento di Chimica dell’Università dell’Alberta.

Il team di Mansy ha lavorato a stretto contatto con i gruppi di Marie-Laure Baudet e Luciano Conti, rispettivamente a capo del Laboratorio Giovanni Armenise Harvard di Neurobiologia degli Assoni e del Laboratorio di Biologia delle cellule staminali. Gli scienziati hanno potuto verificare che gli effetti delle cellule artificiali sulle staminali neuronali fossero effettivamente quelli desiderati, in particolare la differenziazione.

«Il mio laboratorio ha contribuito allo studio condividendo la nostra esperienza pluriennale nel campo delle cellule staminali del cervello, integrandosi con le competenze di Sheref Mansy nel campo della biologia sintetica e di Marie-Laure Baudet nello sviluppo assonale. È stato entusiasmante riuscire per la prima volta a far sì che cellule artificiali fossero in grado di guidare e sostenere i processi biologici necessari per la conversione delle cellule staminali del cervello in neuroni maturi» dice Luciano Conti, professore di Biologia Applicata ed esperto di cellule staminali. Conti, dopo aver lavorato all’Università di Milano e in Gran Bretagna, dal 2013 svolge la propria attività all’Università di Trento. Le sue ricerche hanno portato a importanti risultati riguardanti la produzione di cellule staminali del cervello e neuroni da cellule staminali pluripotenti e da tessuto cerebrale.

«Sheref Mansy si è rivolto a me e a Luciano Conti per mettere in comune le nostre competenze. Abbiamo sviluppato insieme una strategia per identificare un messaggero fatto da cellule artificiali che potesse essere riconosciuto da un neurone. Abbiamo poi definito un’interpretazione biologica in grado di rivelare che il messaggio venisse effettivamente compreso dalle cellule naturali. Sembrava qualcosa di impossibile da realizzare, ma insieme i nostri gruppi sono riusciti ad accelerare la crescita degli assoni e a promuovere la differenziazione e la sopravvivenza delle cellule staminali neurali, il che può avere un impatto enorme per la clinica» dice Marie-Laure Baudet, leader del Laboratorio Giovanni Armenise Harvard di Neurobiologia degli Assoni. Biologa di origine francese e vincitrice del CDA Armenise Harvard nel 2012, Marie-Laure Baudet si è trasferita a Trento dopo aver lavorato in Canada e Gran Bretagna. Nella sua carriera al Dipartimento Cibio dell’Università di Trento ha identificato uno dei processi cruciali nella formazione delle connessioni neuronali, un risultato sfruttato anche nel nuovo studio su Science Advances. Durante il processo di sviluppo cerebrale, la formazione delle connessioni fra neuroni è infatti un evento di fondamentale importanza. Errori durante l’instaurarsi di questi collegamenti possono avere conseguenze devastanti, causando gravi patologie neurologiche.

Per questo, “insegnare” ai neuroni funzioni fondamentali come la differenziazione a partire da cellule artificiali geneticamente controllate può avere grandi applicazioni terapeutiche per combattere le malattie neurodegenerative. Utilizzando la tecnologia sviluppata in questo studio, sarà possibile un giorno ottenere cellule artificiali in grado di sintetizzare e rilasciare specifiche molecole di un farmaco, sviluppando così una medicina altamente personalizzata.

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