Gnudi: “rilanciare il comparto significa creare 500.000 nuovi posti di lavoro e 30 miliardi di euro di nuova ricchezza”
Per il rilancio del turismo del Belpaese, forse è giunta l’ora giusta, dopo tanto parlare ed agire inconcludente, tanto che l’Italia è scivolata dalla preminenza in Europa ad una posizione da comprimario. Ne è consapevole il ministro del turismo, Piero Gnudi nel corso di un’audizione alla Commissione attività produttive della Camera: “è stato sempre pensato che il turismo fosse un tema di ‘serie b’.
Il settore non è mai stato posto al centro dell’agenda del Governo né delle Regioni”. Secondo Gnudi, “nel 1995 eravamo i primi in Europa per introiti nel turismo, ora siamo terzi, la Spagna ci sopravanza per 15 miliardi. Se riusciamo a recuperare da qui al 2020 alcune quote di mercato, nel 2020 potremo creare 500.000 posti di lavoro”, il che significa circa 30 miliardi di euro di contributo al Pil nazionale.
Il ministro ha annunciato che in gennaio vi sarà la Conferenza nazionale del turismo e che lì sarà presentato il Piano strategico sul turismo: “non è un Piano scritto sul marmo, ma aperto al contributo di tutti” ha detto il ministro annunciando come il piano dovrebbe essere approvato dal Consiglio dei ministri entro la metà del prossimo novembre.
Non solo: gli esperti di Boston Consulting Group, che hanno elaborato il Piano strategico del turismo, durante l’audizione hanno spiegato che nel bacino Mediterraneo la crescita del turismo è stata pari a +7,7% tra 2000 a 2010, e le previsioni dicono che crescerà nei prossimi anni del 4,8%. Nello stesso lasso di tempo, l’Italia invece è cresciuta solo del 2%. Il Piano individua 7 linee di intervento e indica 50 azioni. Le Regioni più gettonate sono Veneto, Trentino, Toscana, Lombardia e Lazio; mancano tutte le regioni del sud, che dovrebbero essere i territori che più avrebbero da guadagnare nello sfruttamento di questa risorsa. Secondo Boston Consulting, anche la formazione in Italia non è adeguata. Tra le critiche di Boston Consulting, l’Enit, così come è organizzato ora e le strutture alberghiere: i 34.000 alberghi in Italia “sono troppi” e “devono essere fatti crescere” qualitativamente.