Secondo il Centro studi ImpresaLavoro lo stock debiti del comparto pubblico ammonta ancora a 61,1 miliardi di euro
Il 13 marzo 2014 il premier Matteo Renzi promise solennemente in televisione nella cosiddetta “Teza Camera” di Bruno Vespa che entro il 21 settembre di quell’anno, giorno del suo onomastico, avrebbe fatto un pellegrinaggio al santuario di Monte Senario se il suo Governo non avesse pagato tutti i debiti che la pubblica amministrazione aveva contratto fino al 2013.
Mercoledì 21 settembre 2016 è tornato San Matteo. E per il terzo anno di seguito, Renzi non si è recato in pellegrinaggio per espiare la promessa mancata. Nonostante i reiterati annunci del premier, infatti, in questi ultimi tre anni la pubblica amministrazione non ha ridotto i lunghissimi tempi di pagamento di beni e servizi, mantenendo sostanzialmente invariato lo stock di debito commerciale contratto nei confronti delle imprese fornitrici. Secondo la stima di ImpresaLavoro, su dati Intrum Justitia, ad oggi questo stock ammonta a 61,1 miliardi di euro (sostanzialmente stabile rispetto al 2015 e in leggero calo rispetto ai 67,1 miliardi del 2014).
Questo dato non fa che confermare quanto denunciato a più riprese dal Centro studi ImpresaLavoro: i debiti commerciali si rigenerano con frequenza, dal momento che beni e servizi vengono forniti di continuo. Pertanto liquidare (e solo in parte) i debiti pregressi di per sé non riduce affatto lo stock complessivo: questo può avvenire soltanto nel caso in cui i nuovi debiti creatisi nel frattempo risultino inferiori a quelli oggetto di liquidazione.
Ne consegue che il ritardo del Governo nel pagamento di questi debiti nel 2016 determinerà per le imprese italiane un onere relativo alle anticipazioni necessarie pari a 5,1 miliardi di euro. Questa stima è stata effettuata prendendo come riferimento l’ammontare complessivo dei debiti del comparto pubblico italiano, l’andamento della spesa pubblica per l’acquisto di beni e servizi (così come certificato da Eurostat) e il costo medio del capitale (pari all’8,38% su base annua) che le imprese hanno dovuto sostenere per far fronte al relativo fabbisogno finanziario generato dai mancati pagamenti.
Il fenomeno dei ritardi di pagamento della pubblica amministrazione mantiene dimensioni che non hanno pari rispetto ai principali partner europei. Per pagare i suoi fornitori, lo Stato italiano impiega in media 131 giorni: 16 giorni più della disastrata Grecia, 33 giorni più della Spagna, 55 giorni più del Portogallo, 73 giorni più della Francia, 91 giorni più dell’Irlanda, 101 giorni più del Regno Unito e addirittura 116 giorni più della Germania.