Salario minimo addio: il Cnel (Comitato nazionale economia lavoro) affossa il cavallo di battaglia di Pd e M5s. L’assemblea ha approvato a maggioranza il documento finale, che arriva entro i 60 giorni indicati dalla premier Giorgia Meloni, a cui lo stesso presidente Renato Brunetta ha consegnato il testo. Contro hanno votato Cgil, Uile Usb; Legacoop si è astenuta. La decisione ha fatto scattare la reazione irosa dell’opposizione.
«Ringrazio il presidente Brunetta e tutti i consiglieri del Cnel per il puntuale e celere lavoro svolto – afferma il premier Giorgia Meloni -. Dall’analisi tecnica ricevuta emerge che il mercato del lavoro italiano rispetta pienamente i parametri previsti dalla direttiva europea sul salario minimo adeguato. La contrattazione collettiva, al netto dei comparti del lavoro agricolo e domestico, copre infatti oltre il 95% dei lavoratori del settore privato. Da ciò si evince che un salario minimo orario stabilito per legge non è lo strumento adatto a contrastare il lavoro povero e le basse retribuzioni».
Nel testo della decisione finale del Cnel si valorizza «la via tradizionale» della contrattazione collettiva, sostenendo che «la mera introduzione di un salario minimo legale non risolverebbe né la grande questione del lavoro povero, né la pratica del dumping contrattuale, né darebbe maggior forza alla contrattazione collettiva».
Da Meloni la rassicurazione circa l’esigenza di «programmare e realizzare, nell’ambito di un piano di azione pluriennale, una serie di misure e interventi organici. È la strada che il Governo intende intraprendere nel minor tempo possibile, tenendo in massimo conto le indicazioni e i suggerimenti formulati nel documento dalle rappresentanze delle forze sociali presenti nel Cnel e di quelli che arriveranno dall’opposizione».
Nella discussione al Comitato non è passata la proposta presentata dai cinque esperti, tra quelli nominati dal presidente della Repubblica, sulla sperimentazione della “tariffa retributiva minima” nei settori più critici. Nel lavoro sul documento il Cnel «è partito dalla direttiva europea e non dai dibattiti parlamentar» sottolinea Brunetta, sostenendo che avere una contrattazione «forte è l’unica garanzia per un mercato del lavoro efficiente, equo».
La decisione del Cnel spacca la rappresentanza sindacale: la Cisl, sottolinea Brunetta, è l’unica ad essere«rimasta della stessa idea» con il “No” al salario minimo per legge. Non Cgil e Uil che hanno votato contro la deliberazione. Di qui, la decisione del Cnel non all’unanimità.
Va all’attacco l’opposizione. «Oggi si compie il delitto perfetto. Il Cnel di Brunetta, come immaginabile, ha fatto da sponda e rinvia la questione alla contrattazione collettiva», attacca il presidente del M5s, Giuseppe Conte. «Aspettiamo al varco governo e maggioranza. Non ci stancheremo di incalzarli se decideranno di fuggire, ancora una volta, rimandando il disegno di legge in commissione», assicura la segretaria del Pd, Elly Schlein. Dal fronte sindacale, insiste il segretario della Cgil, Maurizio Landini: «il salario minimo va fatto, all’interno di una legge sulla rappresentanza, perché non si può essere pagati 5 o 6 euro all’ora, sono stipendi da fame». Per la Uil «il vero obiettivo è stata la negazione del salario minimo. Ma il problema resta aperto».
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