Riforma delle regioni statuto speciale, seminario al Parlamento

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Per il NordEst presenti a Roma Kompatscher, Rossi e Serracchiani

 

montecitorio parlamentoI risultati dell’indagine sulla attuazione degli statuti delle regioni ad autonomia speciale, promossa dalla Commissione parlamentare questioni regionali, sono stati presentati a un seminario a Roma, alla Camera dei deputati.

Gianpiero D’Alia, presidente Commissione parlamentare, ha evidenziato le differenze fra le diverse regioni speciali, per autonomia finanziaria e per competenze; la vicepresidente della Camera, Marina Sereni, ha posto l’accento sul quadro dettagliato sulle autonomie che esce dal documento. Il ruolo delle Commissioni paritetiche previste dai diversi statuti è stato criticato da Stelio Mangiameli, direttore ISSiRFA (Istituto studi sistemi regionali, federali e autonomie) che le ritiene vittime della burocrazia statale. Sarebbero preferibili accordi con leggi per sfuggire alla burocrazia statale, coinvolgendo così in modo più incisivo anche i Consigli regionali. Tesi contestata da Gaetano Silvestri, presidente emerito Corte costituzionale, perché abbandonando le norme di attuazione (che hanno rango superiore alle leggi ordinarie) si corre il rischio di intromissioni incontrollate della legislazione ordinaria. Le norme di attuazione sono invece strumento di garanzia, dunque non vanno abolite.

Il presidente della Corte dei conti, Raffaele Squitieri, si è soffermato sul ruolo e i contributi che potrebbe fornire la Corte stessa in questa fase di riforma della Costituzione, prima di dar spazio ai rappresentati delle Regioni. Per Franco Iacop, anche coordinatore della Conferenza dei Consigli regionali e presidente del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, le ragioni delle specialità permangono, anzi, rimangono attuali in quanto «non si tratta di privilegi ma dell’applicazione avanzata dei principi di autonomia, federalismo cooperativo e solidale, sussidiarietà, qualità della spesa, governance multilivello. E’ un’opportunità per il regionalismo italiano, avamposto di principi, metodi e regole cui tutti possono tendere e che fanno crescere il Paese in tutte le sue articolazioni istituzionali e sociali». La relazione – ha aggiunto – propone «interessanti soluzioni per superare le criticità riscontrate dalle Commissioni paritetiche e ha auspicato, raccogliendo l’indicazione di Silvestri, un percorso unitario e comune tra autonomie speciali, con il coinvolgimento delle rispettive Assemblee, per la revisione degli statuti, che dovrà esser fatta tenendo conto delle peculiarità istituzionali, politiche, culturali, sociali, economiche di ciascuna realtà». 

Il documento della Commissione parlamentare per la presidente della regione Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani, «fotografa bene un Paese che sta cambiando. La riforma della Costituzione porta con sé due buone notizie: le regioni esistono ancora ed esistono ancora le regioni a statuto speciale. Partendo da questo, la riforma si configura come una grande opportunità per tutte le regioni e a quelle speciali impone di riadattarsi a un contesto ambientale cambiato. Dobbiamo metterci a lavorare subito – ha detto Serracchiani – sapendo anche su cosa. Le norme di attuazione vanno “procedimentalizzate”, finora sono state utilizzate in modo diverso e sarà molto importante individuare con chiarezza chi fa che cosa». Infine, l’invito a riflettere se possa essere utile un procedimento sostitutivo quando la Regione, a statuto ordinario o speciale, non faccia il suo dovere».

Arno Kompatscher, presidente della provincia di Bolzano, ha sottolineato che «grazie all’autonomia, l’Alto Adige è diventato un modello europeo per la risoluzione dei conflitti e per lo sviluppo di un territorio. Non abbiamo privilegi, ma opportunità che riusciamo a sfruttare con responsabilità». Kompatscher ha sottolineato che sarebbe necessario «rendere vincolanti i pareri espressi dalle Commissioni paritetiche proprio per migliorare l’intesa con regioni e province», mentre il cuore dell’intervento del Landeshauptmann è stato rivolto al futuro. Partendo però dal passato: «l’autonomia altoatesina è ancorata a livello internazionale dall’Accordo di Parigi che rappresenta la base giuridica per la tutela della minoranza linguistica. Per ogni revisione dello Statuto, dunque, deve essere necessario il consenso dell’ Austria, e la clausola di salvaguardia inserita di recente nel disegno di legge che riforma la Costituzione rafforza ulteriormente questo principio». 

Per il presidente del Trentino, Ugo Rossi, l’augurio è che la riforma costituzionale serva a «migliorare i rapporti tra stato e regioni: e questo può avvenire anche grazie ad un rinnovato e chiaro patto tra noi e lo Stato, basato sulla sincera convinzione che le autonomie locali sono strumento di sviluppo positivo e non elemento di freno e sulla piena assunzione di responsabilità rispetto all’esercizio di autogoverno. Serve un’autonomia riconoscibile, che conti su connotazioni territoriali e visibili; un’autonomia consolidata, che abbia un respiro storico; una base giuridica e finanziaria certa, un’autonomia responsabile».

Le conclusioni dell’incontro sono state tratte da Gianclaudio Bressa, sottosegretario di Stato per gli Affari regionali e le autonomie.