In Italia continua a persistere una forte dispersione dei redditi pro-capite a livello regionale: è quanto emerge dai dati Eurostat, elaborati dal Centro Studi CNA, secondo i quali nel 2014, rispetto alla media nazionale (reddito pro-capite pari a 26.400 euro) i redditi più elevati si registrano nelle regioni settentrionali e in due regioni del Centro-Italia (Lazio e Toscana); quelli più modesti nelle otto regioni del Mezzogiorno cui si aggiungono le Marche e l’Umbria.
Le regioni in vetta alla graduatoria per redditi pro-capite risultano il Trentino Alto Adige (con redditi pro-capite pari a 39.700 e 33.700 euro rispettivamente nelle province autonome di Bolzano e Trento), la Valle d’Aosta (36.500 euro) e la Lombardia (34.700). Fanalini di coda sono invece la Sicilia (17.000 euro), la Campania (16.700 euro) e la Calabria.
Per comprendere quanto profonde siano le differenze nei livelli di reddito pro-capite nelle regioni italiane basta osservare che il reddito pro-capite della prima della classe (provincia autonoma di Bolzano) è due volte e mezzo quello dell’ultima (la Calabria). Non solo: le forti disparità presenti nelle regioni risultano ancora più evidenti quando la posizione italiana viene contestualizzata nel panorama europeo. Infatti, in un quadro complessivo nel quale i redditi più elevati si registrano nei paesi dell’Europa occidentale-settentrionale (i tre paesi con i più alti redditi pro-capite sono Lussemburgo, 39.700 euro, Norvegia, 48.900 euro, e Irlanda 36.800 euro) e i più bassi in quelli dell’Europa meridionale e orientale (i tre paesi in fondo alla graduatoria sono Bulgaria, 12.800 euro, Romania, 15.200 euro, e Croazia, 16.100 ), l’Italia si posiziona al di sotto della media europea (27.500 euro).
A livello regionale però la situazione italiana appare molto differenziata: da un lato, le regioni più ricche (come Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta e Lombardia) presentano livelli di reddito pro-capite inferiori solamente a quelli di Norvegia e Lussemburgo; dall’altro, le regioni più povere hanno redditi al di sotto di quelli di alcuni paesi europei ex-socialisti quali la Lettonia, l’Ungheria, la Polonia, la Lituania e l’Estonia.
«L’economia altoatesina ha retto bene alla crisi» commenta il presidente della provincia di Bolzano Arno Kompatscher i dati positivi che emergono dallo studio sottolineando che «il Pil locale è in linea con quello dei paesi confinanti più virtuosi».
Negli anni caratterizzati dalla crisi, tra il 2007 e il 2014, il Pil altoatesino è cresciuto dello 0,7%, a fronte del -1,3% registrato a livello nazionale e del -0,6% del “cugino” Trentino. Un dato, questo, che pone il territorio provinciale allo stesso livello dei paesi confinanti considerati maggiormente virtuosi come la Germania (+0,8%) e l’Austria (+0,6%). L’Alto Adige, inoltre, si conferma ampiamente al di sopra della media italiana per quanto riguarda il Pil pro-capite nel periodo 2012-2014. «Questi numeri – sottolinea Kompatscher – non devono però farci credere che la crisi non abbia lasciato scorie sul nostro territorio. Nel 2014, ad esempio, il Pil è sceso dello 0,6%, e l’Alto Adige è stato parzialmente trascinato nella spirale negativa del mercato italiano. Nel frattempo, però, le nostre imprese hanno dato importanti segnali di crescita puntando sull’internazionalizzazione e sui nuovi mercati, settori nei quali la raggiungibilità del territorio svolge un ruolo di primissimo piano».