Chi sta peggio nella classifica reddituale sono i giovani. Indispensabile imboccare la strada di una crescita continua per recuperare posizioni
«I costi della crisi in Italia sono ricaduti in modo sproporzionato sulla popolazione in età lavorativa e sui più giovani». Il giudizio è contenuto nello “Staff Report” del Fondo monetario internazionale pubblicato dagli ispettori di Washington al termine della tradizionale missione annuale in Italia.
«La disoccupazione – si legge nel documento – supera l’11%, sebbene un po’ in calo rispetto al picco di quasi il 13%. La disoccupazione giovanile è a circa il 35%, tra le più alte in Europa. La quota di popolazione a rischio di povertà è aumentata». Secondo i dati della Banca d’Italia citati dal Fondo, «i redditi reali di dipendenti e altri lavoratori sono sotto i livelli di prima dell’introduzione dell’euro, come la ricchezza dei più giovani e delle fasce di mezza età. D’altro canto, la ricchezza e i redditi dei più anziani e dei pensionati rimangono ben sopra i livelli di due decenni fa». Secondo il Fondo, «ciò è dovuto a trasferimenti scarsamente mirati, una rete di sicurezza sociale frammentata e un’alta disoccupazione strutturale che hanno sproporzionatamente colpito i cittadini più poveri». La quota degli italiani a rischio povertà è aumentata al 29%, con un picco del 44% al Sud, avverte l’Fmi, e anche per questo «l’emigrazione dall’Italia rimane alta, pure tra i lavoratori qualificati, pesando ulteriormente sul potenziale dell’economia».
Secondo l’Fmi, la “moderata” ripresa in atto non appare ancora sufficiente a riportare l’Italia sui livelli degli altri Paesi europei. «Quasi un decennio dopo la crisi finanziaria globale – scrivono i tecnici del Fondo – i redditi reali pro-capite disponibili sono ancora al di sotto dei livelli di accesso pre-euro e sono precipitati dietro quelli degli altri Paesi della zona monetaria. I salari medi sono rimasti indietro rispetto a quelli dei partner europei prima della crisi e da allora sono diminuiti in termini assoluti». Per i tecnici di Washington, «ciò riflette la persistente sottoperformance dell’economia italiana, in particolare della produttività. In base alle attuali proiezioni – viene stimato – i redditi reali pro-capite sono attesi ritornare ai livelli pre-crisi (2007) soltanto tra un decennio da ora, un periodo durante il quale i partner dell’Eurozona sono attesi accelerare anche ulteriormente».
Pertanto, afferma il Rapporto, «le priorità più urgenti sono aumentare la produttività e la crescita, rafforzare la resilienza economica e proteggere i vulnerabili». Tuttavia, lamenta l’Fmi, «il calendario elettorale complica il compito dei politici». Gli attuali sondaggi, ricorda il documento, «indicano un elettorato profondamente diviso, cosa che inevitabilmente complica le prospettive per le riforme e l’aggiustamento» dei conti. «Nonostante i recenti progressi – prosegue il rapporto – l’economia italiana è vulnerabile a sviluppi avversi». Gli sforzi delle autorità sul fronte delle riforme hanno aiutato la ripresa, ma «non sono riusciti finora a ridurre gli squilibri in modo consistente, invertire la debole performance della produttività e aumentare i redditi anche per quanti sono rimasti indietro».
Quanto alle soluzioni prospettate, per il FMI è necessario «migliorare la contrattazione salariale» perché l’elevato costo della produzione per lavoratore ha pesato «negativamente sulla creazione di posti di lavoro, investimenti e produzione», oltre alla «riduzione della aliquote fiscali sul lavoro; la riforma della contrattazione salariale; contrastare in modo più efficace l’evasione fiscale; ridurre la spesa pensionistica che è al secondo posto nella zona euro; aumentare gli investimenti pubblici; indirizzare più risorse verso le fasce deboli della popolazione».