Le proteste degli agricoltori continuano e si allargano spontaneamente per lottare contro le assurde politiche demagogiche figlie dell’ambientalismo talebano impersonato dall’ex vicepresidente esecutivo Frans Timmermans, finito clamorosamente trombato anche nella corsa al premierato in Olanda, tanto che pure la presidente uscente – che cerca una riconferma sempre più difficile ed incerta – Ursula von der Leyen tenta una classica manovra politica “testa-coda”, nel tentativo di placare l’ira di una fetta consistente di elettori europei in vista del voto del 9 giugno.
La mossa del presidente della Commissione Ue era stata anticipata dalla stessa von der Leyen nel discorso sullo Stato dell’Unione dello scorso settembre. «E’ urgente migliorare le cose, e voi meritate una giusta remunerazione», ha sottolineato incontrando le delegazioni di agricoltori a Palazzo Berlaymont. Le proteste i sono verificate in diversi Paesi negli ultimi giorni, e in Francia hanno prodotto anche due vittime.
A finire nel mirino degli agricoltori c’è soprattutto, il “Green Deal”, uno dei simboli della legislatura guidata dal duo Timmermans-von der Leyen. Nel suo intervento la presidente non è entrata nello specifico, consapevole della natura delle istanze delle associazioni di agricoltori europei, che, tra le altre cose, hanno chiesto lo stop all’accordo con il Mercosur, una riduzione dello status di protezione del lupo, una revisione dell’intesa commerciale con l’Ucraina, salari più alti e il riconoscimento del ruolo strategico del settore.
«Il vostro compito è di importanza cruciale. È grazie all’agricoltura europea che l’Europa ha il cibo più sano e di qualità del mondo. I nostri agricoltori operano quotidianamente in un mercato globale molto competitivo e voi siete spesso la parte più vulnerabile della catena del valore», ha detto von der Leyen tendendo la mano ai suoi interlocutori e sottolineando che «trovare un consenso e una visione comune sulla strada da seguire non è un compito facile. Ma questa è un’immensa opportunità».
Per acquistare tempo, nulla di meglio che allestire l’ennesimo tavolo di confronto, affidato alle cure del professor Peter Strohschneider, filologo, storico e sociologo, che avrà un compito improbo: placare la rabbia di un elettorato al quale, negli ultimi mesi, le destre guardano con crescente interesse e che potrebbe consegnare loro una posizione di vertice all’interno delle alleanze del futuro Europarlamento, con la probabile estromissione dei Socialisti e Verdi dalle stanze del potere comunitario.
Il tavolo si organizzerà in 4 gruppi di lavoro (si va dalla situazione economica alla tutela della biodiversità) e, tra fine agosto e settembre, fornirà un contributo scritto alla Commissione che verrà. Più concreta e a breve termine si prospetta la strategia sul grano ucraino che l’esecutivo europeo potrebbe annunciare già la settimana prossima.
Un segnale del successo della protesta è dato dalla reazione dei vertici politici dei vari paesi. In Francia, il ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire ha ammesso che si tratta di «un forte segnale per la Francia e per l’Ue». Il presidente del Senato, Ignazio La Russa si è detto «vicino» alle proteste del settore primario e il ministro dell’Agricoltura, la Sovranità alimentare e le Foreste, Francesco Lollobrigida ha detto di «comprendere l’esasperazione degli agricoltori nei confronti del modello europeo. Lavoriamo perché le cose cambino rispetto al “Green Deal“».
E’ molto probabile che sull’onda delle proteste degli agricoltori il tema principale della prossima campagna elettorale europea sarà il “Green Deal” e le politiche coordinate, come il “Farm to Fork” in campo agricolo, confermando come la prossima legislatura, probabilmente a guida meno ideologica e antieuropea, dovrà riportare gli interessi della popolazione e della produzione continentale nuovamente in testa alle priorità della politica europea.
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