Doccia gelata sui conti del bilancio statale italiano con il dato del Pil del IV trimestre 2019 diffuso dall’Istat che cala inaspettatamente dello 0,3% rispetto al trimestre precedente, gettando anche il I trimestre 2020 in fase negativa di almeno 0,2%.
La variazione congiunturale è la sintesi di una diminuzione del valore aggiunto sia nel comparto dell’agricoltura, silvicoltura e pesca, sia in quello dell’industria, mentre il comparto dei servizi ha registrato una variazione pressoché nulla.
Dal lato della domanda, vi è un contributo negativo della componente nazionale (al lordo delle scorte) e un apporto positivo della componente estera netta.
Nel 2019 il Pil corretto per gli effetti di calendario è aumentato dello 0,2% così come il Pil stimato sui dati trimestrali grezzi (nel 2019 vi sono state le stesse giornate lavorative rispetto al 2018).
Il dato diffuso dall’Istat mette una pietra tombale sulle speranze di ripresa dell’economia italiana, almeno nel breve periodo, aprendo uno scenario di stagnazione che potrebbe sfociare anche nella recessione complice la tendenza mondiale al rallentamento dell’economia, anche perché il dato si colloca al di sotto del livello ante-crisi del 2007 del 4,1%e soltanto lievemente al di sopra del livello registrato nel 2004.
Di fatto, l’Italia nel governo delle sinistre continua a rimanere il fanalino di coda di tutte le economie europee che hanno ampiamente recuperato da anni i livelli ante-crisi.
Da una siffatta situazione non si esce facilmente, sicuramente non continuando a puntare su provvedimenti come “quota 100” o “reddito di cittadinanza” che andrebbero immediatamente aboliti, spostando le risorse recuperate sul taglio della pressione fiscale, a partire dalle aziende e delle Partite Iva, uniche realtà che possono innescare il volano della crescita nazionale. Poi, va sfrondata con energia la foresta delle migliaia di deduzioni clientelari, per sostituirle con un più basso livello di pressione fiscale, a tutto vantaggio della semplificazione del sistema fiscale nazionale.
Si vedrà se il governo BisConte nei prossimi giorni avrà l’energia politica sufficiente per affrontare la questione, anche alla luce che sullo scenario tributario 2021 volteggiano pericolosamente 41 miliardi di euro di clausole di salvaguardia sull’Iva e dintorni vari.
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