Payback sanitario, Giorgetti alla cerca di una quadra

Obiettivo condiviso è non fare fallire i fornitori dei dispositivi medici al SSN. Le imprese attendono una risposta concreta che superi il decreto del governo Renzi, poi rilanciato dal Draghi.

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Obiettivo condiviso è non fare fallire i fornitori dei dispositivi medici al SSN. Le imprese attendono una risposta concreta che superi il decreto del governo Renzi, poi rilanciato dal Draghi.

Sulla scandalosa vicenda del payback sanitario ideato dal governo di Matteo Renzi, poi finito nel cassetto e infine rivitalizzato dal governo di Mario Draghi che scarica sugli incolpevoli fornitori di dispositivi medici al disastrato Servizio sanitario nazionale parte del deficit annuo accumulato da quest’ultimo causa amministratori pubblici spesso malaccorti qualcosa, seppur lentamente, si muove.

Per evitare di scaricare sulle imprese un costo da 1,1 miliardi di euro, che per molti piccoli fornitori costituirebbe causa di fallimento, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha aperto il tavolo al Mef cui hanno partecipato tutte le imprese del comparto industriale, biomedicale, che ha un mercato che vale 18 miliardi e conta oltre 4.600 aziende.

Giorgetti ha ereditato l’infernale meccanismo del payback sanitario considera da sempre la misura «insensata» e si è impegnato a provare a superare il problema o almeno ad alleggerirla in capo alle aziende.

Le imprese chiedono da tempo la cancellazione definitiva e la sostituzione con un nuovo meccanismo di gestione per il futuro, mentre per le somme già dovute la richiesta è quantomeno di un consistente alleggerimento, oltre a un sostegno soprattutto per le piccole e micro imprese del settore per le quali si ipotizza una franchigia. Il ministero è in attesa dei numeri della finanza pubblica che si conosceranno meglio tra aprile e maggio alla luce dell’andamento in frenata dell’economia nazionale per tirare le conclusioni su come operare.

Per le imprese la convocazione del tavolo «rappresenta un passo importante da parte del Governo, che dimostra la volontà politica di risolvere un vulnus normativo in grado di danneggiare in modo irreversibile imprese, Servizio sanitario nazionale e cittadini – affermano in una nota le associazioni di categoria Aforp, Confapi salute università ricerca, Confimi Industria Sanità, Confindustria dispositivi medici, Conflavoro PMI Sanità, Coordinamento filiera, Fifo Confcommercio -. Non agire tempestivamente significa che una impresa su cinque è a rischio fallimento immediato. Non intervenire subito significa rinunciare a un’industria che genera un mercato, fatto di tecnologie innovative di piccole, medie e grandi imprese, tutte coinvolte e ostacolate dal peso di una tassazione, che toglie risorse a investimenti, sviluppo e produttività nel nostro Paese. Siamo convinti che Governo e Regioni siano ben consapevoli di queste catastrofiche conseguenze e ci auguriamo comprendano l’urgenza di definire una governance del settore che superi il payback sanitario».

Il meccanismo è stato introdotto nel 2015 dal Governo Renzi e prevede che le imprese fornitrici di dispositivi medici debbano rimborsare il 50% del superamento degli scostamenti dal tetto di spesa, stabilito nella misura del 4,4% del Fondo sanitario nazionale. Il payback sanitario è rimasto inattuato fino all’estate 2022, quando l’allora governo guidato da Mario Draghi decise di riattivarlo. Da allora per le imprese delle forniture sanitarie è iniziato sorta di calvario tra proroghe e un primo dimezzamento del conto a carico delle imprese che all’inizio era di 2,2 miliardi, portato a circa 1,1 miliardi. Da allora c’è stata una pioggia di ricorsi al Tar – inframezzato anche da una pronuncia della Consulta – che ha coinvolto circa 1.800 imprese e i cui esiti sono attesi a breve.

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