Mobilitazione Uncem con comuni e enti verso la legge di bilancio

«Governo e Parlamento lavorino per dare alle imprese e agli esercizi commerciali della montagna una fiscalità differenziata e peculiare. E' alla base di tutti i processi di sviluppo dei territori di montagna». 

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È partita la mobilitazione Uncem per la prima e più importante necessità delle realtà di montagna. Individuare una “fiscalità di vantaggio”, una fiscalità differenziata e peculiare per le impresedel territorio montano che riguardi esercizi commerciali, partite Iva, start up, ristoranti, alberghi, B&B, imprese agricole e artigianali. Solo così è possibile favorire la presenza di attività economiche nelle “Terre Alte”. Solo così si arginano spopolamento e abbandono, da sempre le grandi sfide “contro la forza di gravità” che continua a portare a valle giovani e famiglie, aziende e opportunità di crescita socio-economica.

Secondo l’appello diffuso da Uncem (Unione e comunità montane d’Italia), il gap strutturale va superato con un’opportuna legislazione, a livello nazionale a partire dalla legge di bilancio: precisi sgravi come erano stati individuati in passato con l’istituzionedelle “zone franche urbane”, ovvero “zone a fiscalità di vantaggio” o ancora con le “zone economiche speciali”. Individuare questa peculiarità fiscale è per certi versi più importante dell’arrivo di contributi: le imprese, già esistenti e nuove che credono nella montagna e nei suoi borghi, hanno bisogno di interventi stabili e duraturi nel tempo.

Uncem ha trasmesso a tutti i comuni montani italiani, alle comunità montane, alle unioni montane e alle altre forme aggregative sovracomunali, un ordine del giorno – da approvare in Giunta o in Consiglio – nel quale s’impegnano Governo e Parlamento a dare risposte a queste istanzefiscali” della montagna, già nella legge di bilancio 2019. Uncem ne parlerà martedì agli Stati generali della Montagna convocati a Roma dal ministro Erika Stefani e ha già condiviso l’istanza con “Confindustria per la Montagna”.

«Chiediamo al Governo di agire subito – spiega Marco Bussone, presidente nazionale Uncem -. Già nella legge 97/94 sulla montagna si parlava di fiscalità differenziata. E il tema viene ripreso dalla legge 158 sui piccoli comuni. Oggi abbiamo in Italia 200 comuni senza un negozio e senza un bar. Allo stesso modo, in molte zone alpine e appenniniche registriamo l’insediamento di giovani, con nuove imprese turistiche e agricole. Vanno sostenuti. Il contributo “una tantum” non basta. Serve un’operazione continuativa. Lottiamo così contro lo spopolamento».

Uncem impegna Mise e Mef, con un’azione netta e chiara, richiesta dai Comuni. «Ai centri con meno di mille abitanti, ad alta marginalità – prosegue Bussone – andrebbero eliminate tutte le imposte per imprese e negozi. Oggi tra un bar di Piazza San Babila a Milano e uno a Cedegolo, Acquara o Balme non vi sono differenze. Serve invece una presa di posizione politica, concreta e duratura. Abbiamo strutturato delle proposte e chiediamo ai ministri, a tutti i parlamentari di dare voce ai territori montani. La fiscalità differenziata è la prima nostra, grande, decisiva esigenza».

La proposta integrale presentata da Uncem.

È la prima e più importante necessità. Individuare una “fiscalità di vantaggio”, una fiscalità differenziata e peculiare per le imprese del territorio montano. Esercizi commerciali, partite Iva, start up, ristoranti, alberghi, B&B, imprese agricole e artigianali. Solo così è possibile favorire la presenza di attività economiche nelle Terre Alte. Solo così si arginano spopolamento e abbandono, da sempre le grandi sfide “contro la forza di gravità” che continua a portare a valle giovani e famiglie, aziende e opportunità di crescita socio- economica. Il gap strutturale va superato con un’opportuna legislazione, a livello nazionale e regionale: precisi sgravi come erano stati individuati in passato con l’istituzione delle “zone franche urbane”, ovvero “zone a fiscalità di vantaggio” o ancora “zone economiche speciali”. Individuare questa peculiarità fiscale è per certi versi più importante dell’arrivo di contributi: le imprese hanno bisogno di interventi stabili e duraturi nel tempo. Anche con l’eliminazione, nelle aree montane, degli studi di settore, falsati da turismo stagionale e presenza di comunità sempre più ridotte nei numeri. Un progetto complesso che Uncem sostiene da anni. Per ora, vale la pena – vista già la complessità del tema – soffermarsi sull’ambito “privato” di imprese ed esercizi commerciali o turistico-ricettivi. Altra partita che non prendiamo in considerazione qui riguarda la fiscalità degli Enti locali, sulla quale è opportuno un approfondimento ad hoc, che si accompagna al ridisegno del sistema delle Autonomie.

Questo documento si accompagna a un ordine del giorno che sintetizza alcuni temi espressi qui, al fine della condivisione, dell’analisi e della discussione nei Consigli e/o nelle Giunte dei Comuni montani italiani, al fine di sollecitare un dibattito, coinvolgere poi Parlamentari di riferimento, partiti politici, sindacati, associazioni di categoria e tutti i cittadini, oltre che portare il tema decisivo come la fiscalità all’attenzione dei media presenti sui territori.

Una definizione di “fiscalità di vantaggio”

Nel diritto tributario, la fiscalità di vantaggio viene definita come “l’insieme delle disposizioni tributarie studiate per fornire incentivi a particolari aree geografiche di uno Stato, o a settori sociali e imprenditoriali, per favorirne lo sviluppo”. Oggi, un’attività imprenditoriale in un Comune montano è soggetta a tasse e imposte di un’attività nel centro di Milano, di Bergamo o di Roma. Le “Zone a fiscalità di vantaggio” permetterebbero di recuperare un deficit competitivo di cui soffrono storicamente le imprese collocate nel territorio montano.

Il risultati del questionario Uncem

La conferma della necessità di ridurre le tasse alle imprese presenti nei Comuni delle Terre Alte arriva da un questionario che Uncem aveva diffuso on line a giugno 2016. 500 risposte sono quasi unanime: il 99% degli intervistati considera il rischio “desertificazione commerciale”, cioè la scomparsa di negozi e attività, un “problema rilevante per il Paese”. Sono 200 i Comuni in Italia senza un negozio e altri 300 combattono ogni giorno per evitare che si abbassino saracinesche e chiudano gli ultimi presidi sociali nei piccoli centri. La chiusura di negozi comporta l’abbandono dei servizi di base – scuola, trasporti, sanità, assistenza – come confermano il 95% degli intervistati da Uncem. Il 77% è a conoscenza che i Comuni e le loro associazioni stanno chiedendo a Regione e Governo di individuare incentivi fiscali e alleggerimenti burocratici per le attività economiche e le partite iva delle aree montane. Meno della metà è informato dell’impegno analogo in altre Regioni, come la Sicilia che ha già una legge regionale nella quale sono istituite “zone a fiscalità di vantaggio”. Altro fronte aperto dal questionario quello degli “studi di settore”: il 94% degli intervistati evidenzia la fallibilità di questi strumenti nelle Terre Alte, dove vi sono picchi di presenza legati al turismo. Il questionario ha chiesto anche su quali imposte agire prioritariamente, con opportuni sgravi: secondo il 59,6% l’Irap, poi il 56 indica Irpef, il 30 l’Ires e il 46 l’Imu. L’Iva è la più gettonata (il 61% chiede di ridurla) anche se è quella più complessa da modificare.

La nascita di “centri multiservizi”

Il questionario ribadisce quanto Uncem sostiene da tempo rispetto alla nascita di “centri multiservizi” nei piccoli Comuni: li chiede il 92% degli intervistati, per unire alla vendita di prodotti alimentari anche servizi postali, informazioni turistiche, tabacchi e giornali. Tutto in un unico spazio, come già avviene in tanti centri francesi. L’89% chiede di puntare sull’e-commerce e proprio in questi giorni Uncem ha chiesto a tutti i Comuni montani di segnalare nuove imprese che vogliano aderire al progetto Bottega dell’Alpe, con il sito per la vendita on line di prodotti tipici delle Terre Alte.

Azione politica e culturale

Serve un’azione culturale oltre che politica. Regioni, Parlamento e Governo devono ascoltare il grido di chi nelle aree montane tiene aperto un’impresa o un negozio, presidio sociale oltre che economico. Non basta la possibilità data dall’UE alle Regioni di ridurre le imposte regionali, come l’Irap. È in nome della concorrenza da garantire che si bloccano le iniziative nazionali per defiscalizzare alcune aree “a rischio” desertificazione a abbandono. Che senza provvedimenti strutturali, moriranno. E non avranno certo più il problema della concorrenza. Anni fa Uncem ha anche lanciato la campagna “Compra in valle, la Montagna vivrà”: vale per un nuovo stile, un nuovo approccio di residenti e turisti al territorio. Fondamentale è l’impegno degli Enti locali, anche nel favorire strumenti di promozione e marketing, grazie al lavoro delle Comunità montane e delle Unioni montane, per ottenere “zone a fiscalità di vantaggio”, ed evitare che la burocrazia distrugga storiche e nuove imprese che tengono in vita le aree montane.

Sistemi di defiscalizzazione e normative vigenti

Occorre evitare che la questione sia considerabile come “aiuti di Stato”, ma il problema è superato – per quanto riguarda la montagna – dalla norma europea che considera la montagna territorio svantaggiato (art. 174 del Trattato di Lisbona) e dalle norme costituzionali (art. 44, comma 2 della Costituzione) che prevedono provvedimenti particolari a sostegno della montagna.

Rispetto alle zone montane si è in passato operato con l’erogazione di contributi per lo sviluppo (legge 1102/71, legge 97/94) e dal 2010 non vi sono più fondi statali per le politiche di sostegno ai sensi della citata norma costituzionale né è politicamente e istituzionalmente corretto affidare la materia alle Regioni (o tantomeno ai Comuni) perché, l’applicazione delle norme costituzionali deve essere garantita dallo Stato. In tutto il Paese – e da parte dell’Uncem in particolare – si ritiene che l’introduzione di una fiscalità di vantaggio per le aree montane avrebbe effetti incentivanti per la relativa economia senza cariche insostenibili per lo Stato.

Quali modelli e quali “fasce” di applicazione

I modelli potrebbero essere diversi, ma un modello “sostenibile” potrebbe essere, in prima approssimazione, l’applicazione dei regimi fiscali agevolati previste per l’agricoltura per tutte le attività con eliminazione totale di IRAP sulle attività produttive (previo calcolo dell’importo complessivo delle riduzioni). Naturalmente il beneficio non può essere applicato su tutto il territorio qualificato montano. Il Piemonte ad esempio ha già suddiviso la sua montagna in tre fasce di marginalità: alta, media, bassa. La fiscalità di vantaggio dovrebbe riguardare l’area di alta marginalità (circa il 30% della superficie ma non più del 10% della popolazione montana).

Escludendo del beneficio le attività collegate agli impianti sciistici e i Comuni ad alto reddito pro-capite e riservando quindi i benefici alle sole attività manifatturiere (artigianali e industriali) agricole e terziarie, ci sarebbero risultati certi sotto tre profili:

1.     spesa contenuta e sostenibile (in base alla disponibilità si può decidere l’ampiezza degli interventi per fasce combinate di marginalità, altimetria e PIL);

2.     effetto incentivante per gli investimenti privati;

3.     inversione del processo regressivo di cui soffre la montagna marginale.

Un’aliquota fissa per le imprese

È possibile individuare aree, comuni e specifiche imprese lì insediate con sede operative alle quali applicare un’aliquota fiscale fissa, che sia anche progressiva in base al fatturato annuo. L’articolo 16 della legge 97/94 prevedeva ad esempio per certe tipologie di esercizi commerciali la non tenuta dei registratori di cassa e di altri registri contabili. Le imprese – devono essere fissate categorie e luogo di insediamento – possono concordare un’aliquota fiscale fissa (con una cifra poco più che simbolica se ad esempio hanno una base imponibile inferiore ai 15.000 euro annui e hanno sede nei comuni con meno di mille abitanti) con l’Agenzia delle Entrate.

L’impegno della Sicilia

Molte regioni hanno visto, su spinta anche delle Delegazioni locali di Uncem, azioni forti. Solo la Regione Sicilia finora ha già legiferato in materia. L’idea di istituire in Sicilia una fiscalità di vantaggio per le zone montane è partita dalle associazioni di categoria e dai sindacati che operano nel comprensorio madonita, sostenuti dal prof. Gaetano Armao, docente di contabilità pubblica all’Università di Palermo. Gli stessi sono stati spinti dalla consapevolezza che le aree di montagna della Sicilia sono sottoposte ad un gravissimo processo di desertificazione umana e imprenditoriale e che uno straordinario patrimonio di cultura e di civiltà è ormai prossimo alla scomparsa. Le “Zone franche montane” interessano, oltre i monti delle Madonie, anche l’Etna, i Nebrodi e gli Iblei, quindi tutti quei comuni nei quali oltre il 50% della superficie totale è posta ad una altitudine di almeno 500 metri sul livello del mare. In particolare, secondo quanto previsto nella legge potranno accedere alle agevolazioni previste, nella forma di credito di imposta, le imprese aventi sede nei territori sopra indicati. Le imprese sono quelle artigiane, operanti nei settori delle attività manifatturiere, del turismo e dei servizi, oltre quelle operanti nel settore della trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, incluse quelle agricole.

Cosa ha già fatto il Piemonte

Nel 2016, il Consiglio regionale del Piemonte ha approvato alcuni ordini del giorno ed emendamenti a disegni di legge relativi all’istituzione di “zone a fiscalità di vantaggio”. Tra le proposte, non ancora attuate, l’istituzione di un fondo regionale per la riduzione dei tributi locali per le imprese che garantiscono incremento occupazionale o nuovi insediamenti nei comuni delle zone montane; il sostegno alla rivitalizzazione dei Comuni con popolazione inferiore ai 1.000 abitanti privi di esercizi commerciali ovvero dotati di un numero limitato di esercizi commerciali; la possibilità di offrire in un unico punto vendita un’ampia gamma di servizi di tipo commerciale al fine di incentivare la polifunzionalità dei servizi al consumatore; lo viluppo della capacità dei minori residenti nei comuni montani attraverso l’erogazione di un contributo mensile fino alla maggiore età; la tariffa d’ambito, costituente il corrispettivo del servizio idrico pagato dall’utenza nell’intero ambito ottimale, è ridotta, in misura non inferiore al 30%, per le attività imprenditoriali classificate come micro o piccole imprese situate nei comuni montani.

Uno studio necessario

È oggi fondamentale approfondire con il Mef e il Ministero degli Affari regionali e delle Autonomie i temi sintetizzati nel presente documento in tempi certi e rapidi. Le prime concrete risposte devono arrivare già sulla legge di bilancio 2019.
Tenendo conto che:

– al Governo (in primo luogo al Ministro per le Autonomie locali e gli Affari regionali) interessa sapere quanto costa una defiscalizzazione di alcune aree, in termini di perdite di gettito fiscale;
- devono essere considerate tutte le imposte e tasse sulla produzione: IRES – IRAP e altre;

– le imprese agricole di residenti ubicate in montagna (considerando non l’altimetria bensì le fasce di marginalità socio-economica) dovrebbero essere escluse da tutto;
- possano essere modificate una parte delle vigenti normative comunitarie in materia di concorrenza;
- le aziende di nuovo insediamento siano esentate per i primi dieci anni;

– le botteghe artigiane nelle zone marginali dovrebbero essere esentate da tutta la fiscalità;
- deve essere preso il criterio della marginalità: bassa (nessun beneficio, media (50%), alta (100%); questi criteri dovranno essere verificati con i “costi” per lo Stato (e dei benefici per i montanari).

Questi sono i pilastri di un impegno che deve condensare elementi fiscali, economici, produttivi, sociali. E che Uncem consegna al Governo e ai Parlamentari, oltre che alle Regioni. Per un’azione rapida, efficace, riconosciuta e riconoscibile.

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