Il cammino per rendere l’Unione europea parzialmente indipendente dall’importazione di dispositivi di microelettronica e di semiconduttori dalla Cina e da Taiwan procede all’interno della cornice del “Chips Act” europeo con l’Italia che è pronta ad attivare una propria norma di settore.
«Presenteremo in Parlamento a inizio agosto il decreto legge sulla microelettronica, il “Chips Act” italiano, in sintonia con il “Chips Act” eurbopeo, siamo il primo Paese a realizzarlo – ha detto il ministro delle Imprese e “Made in Italy”, Adolfo Urso, durante l’audizione in Senato sul tema dell’approvvigionamento delle materie prime critiche -. Verrà individuata una strategia nazionale sulla microelettronica e riteniamo che l’Italia sia un paese ideale dove investire per la tecnologia digitale».
Urso ha ricordato che nei mesi scorsi è stata inviata un gruppo di studio ministeriale in Corea, Giappone, Usa e Taiwan, i maggiori paesi produttori di dispositivi microelettronici. «Ci sono stati incontri con 80 imprese – ha detto – tra cui Intel, ottenendo grande riscontro. Sulla base delle loro indicazioni stiamo elaborando un pianonella microelettronica che tenga conto delle condizioni dell’economia globale. Molte di queste imprese hannointenzione di investire in Europa, hanno capito che devono produrre in ogni continente e accorciare le filiere industriali. Noi vorremmo che venissero anche in Italia, per questo in manovra abbiamo inserito un finanziamento per un istituto di ricerca sui chip, la nostra offerta riguarda l’Italia come paese globale su cui investire e riteniamo che gli investimenti ci siano. Forse arriveranno prima da Taiwan che da Intel».
Riguardo alle trattative con Intel, Urso ha detto che «siamo in rapporti continuativi, noi e le regioni abbiamo risposto a tutte le richieste che ci ha fatto per essere competitivi. Con le due regioni interessate, Veneto e Piemonte abbiamo risposto a tutte le richieste su formazione e logistica, poi sceglierà l’azienda dove localizzare. Intel ha presentato un progetto europeo che prevedeva investimenti in Francia, Germania e Italia, e quindi deve rispondere alla richiesta di un progetto europeo. Quello in Italia è il più avveniristico, riguarda un nuovo stadio tecnologico nei chip, mentre in Francia e Germania risponde alla tecnologia attuale».
Urso ha poi allargato la riflessione alla disponibilità di materie prime strategiche, evidenziando come l’Italia sia leader nel riciclaggio delle materie prime, mentre «siamo assbenti nell’estrazione». Colpevolmente, più per asserite questioni ambientali e di logiche “Nimby” (non nel mio giardino) delle popolazioni e degli enti locali, che per effettiva mancanza di giacimenti potenzialmente sfruttabili.
«Nostro obiettivo è fare l’Italia primo paese in Europa per il riciclo di materie prime attraverso l’economiacircolare, ma dobbiamo aumentare i tassi di raccolta e gli investimenti per gli impianti – ha detto Urso -. L’Italia può anche superare l’obiettivo del 20% del riciclo entro il 2023», previsto negli accordi europei e «nel 2040 il riciclo potrebbe soddisfare un terzo, circa il 32% del fabbisogno italiano di materie prime critiche».
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