La manovra finanziaria 2023 appena varata dal Consiglio dei ministri a notte fonda, ad un primo esame inizia a deludere il mondo delle aziende, a partire da Unimpresa che afferma con la sua presidente Giovanna Ferrara, «ci aspettavamo di più, molto di più sul fronte della riduzione delle tasse per le imprese».
Per Ferrara «è stata fatta una scelta, legittima, da parte del governo che rispettiamo, ma non condividiamo. Questa legge di bilancio era l’occasione per avviare un processo di riforma fiscale in un’ottica di lungo periodo. Invece, ancora una volta, si è scelto di proseguire sulla strada di soluzioni non strutturali, che rendono l’impianto normativo del nostro sistema tributario ancora più complesso, quando invece servirebbe una semplificazione attraverso una feroce riduzione delle regole».
«Certamente sono importanti le misure adottate fin qui dal governo Meloni volte ad aiutare le imprese, e anche le famiglie, con l’aumento delle bollette energetiche» aggiunge Ferrara. Secondo i dati del Centro studi Unimpresa, in Italia il peso delle tasse rispetto al prodotto interno lordo è passato dal 39% del 2005 al 42,9% del 2021: in 15 anni la pressione fiscale, misurata col rapporto tra le entrate complessive nelle casse dello Stato e il Pil, ha compiuto una corsa al rialzo senza precedenti, con una crescita di quasi quattro punti in più.
L’Italia resta in cima alla classifica per il maggior carico di tasse, ma continua a essere uno di quelli in cui le prestazioni pubbliche offerte a cittadini e imprese (in termini di welfare e di servizi) è tra i meno generosi. Nella classifica dei paesi più tassatori, prima dell’Italia c’è la Danimarca col 46,5%, la Francia col 45,4% e il Belgio col 43,1%, ma in quelle tre nazioni lo Stato è senza dubbio più avanzato del nostro in termini di assistenza e servizi.
Ma c’è anche il fronte del debito pubblico a preoccupare, cresciuto negli ultimi 11 anni di quasi800 miliardi, passando dai 1.900 miliardi del 2011 agli oltre 2.700 miliardi di settembre 2022, che drena 70 miliardi all’anno – con una previsione al rialzo – si spesa per il pagamento degli interessi che pesano non poco sulla manovra finanziaria 2023.
«Il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, ha detto che la riforma fiscale, con una nuova delega, arriverà l’anno prossimo: è un film già visto tante, troppe volte – commenta scettica Ferrara -. Una delega nel 2023 vuol dire arrivare al traguardo, nella migliore delle ipotesi, l’anno successivo. Ma questo vorrebbe dire una attesa di altri due anni, un lasso di tempo così ampio nell’arco del quale molte imprese, fiaccate dalla crisi, potrebbero non farcela a sopravvivere».
Altro aspetto su cui il governo Meloni deve incidere è la riqualificazione della spesa pubblica, che nel 2022 ha superato la soglia dei 1.000 miliardi di euro: anche qui, serve una prova di volontànell’invertire la tendenza alla spesa pubblica facile dei governi degli ultimi lustri per liberare spazioper la riduzione del debito pubblico e, soprattutto, per la riduzione delle tasse attese da tutti i contribuenti.
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