Manzato: “Iva che viene, tassa che va, liberi di essere poveri”
I contenuti della “Legge di stabilità” varata nella notte dopo un lungo conclave ministeriale ancora una volta va nel senso da tutti auspicato, ovvero quello di ridurre l’abnome pressione fiscale per laciare un po’ di spazio verso i consumi e la ripresa dell’economia. Ma così non è stato e sulla testa degli italiani, specie di quelli meno abbienti, arriverà un’altra gragnola di tasse.
“Con una mano prende, con una mano dà, ma la povertà non cambia: saremo solo più liberi di decidere come finire lo stipendio”. Questo l’amaro commento dell’assessore alla tutela del consumatore del Veneto, Franco Manzato, ai contenuti della “Legge di Stabilità” proposta dal Governo relativamente all’aumento dell’IVA e alla diminuzione pressoché contemporanea dei primi due scaglioni di Irpef e al blocco delle detrazioni.
“Per semplificare, provo a riassumere gli effetti che si profilano per i consumatori in generale. Nella più ottimistica delle previsioni – sostiene Manzato – non cambia proprio nulla: l’aumento dell’imposta sugli acquisti viene pareggiata dalla diminuzione dell’Irpef. Di massima, però, temo che dal luglio prossimo coloro che oggi non arrivano all’ultima settimana si vedranno costretti a terminare i propri soldi anche qualche giorno prima, mentre entrerà in una crisi ancora più acuta il piccolo e medio commercio. Detto francamente, nonostante i tentennamenti, a me pare più una manovra elettorale che sostanziale”.
Manzato prende carta e penna per argomentare la sua opinone: “proviamo a fare due conti. Già oggi il gettito IVA risulta, come prevedibile, ridotto, perché il potere d’acquisto degli italiani è diminuito, per non dire crollato: l’ultimo aumento dell’imposta, sempre deciso dal Governo Monti, ha ulteriormente depresso i consumi. Aumentare l’IVA di un punto sostanzialmente su tutto, comprese le bollette di luce, acqua e gas non farà che aggravare questa situazione, mentre la diminuzione di un punto del primo scaglione IRPEF, ovvero i redditi lordi fino a 15.000 euro, che vuol dire netti qualcosa di meno di mille euro al mese, comporterà un aumento della capacità di spesa attorno ai 12 – 13 euro al mese. Per i dipendenti pubblici cui è stata tolta l’indennità di vacanza contrattuale questa partita è pari a zero. Di fatto, basterà una bolletta ‘aggiornata’ per azzerare ogni parvenza di beneficio, mentre anche acqistare un vestito da pochi soldi diventerà un ulteriore problema. La diminuzione di un punto del secondo scaglione, cioè quello dai 15 ai 28.000 euro lordi (stiamo parlando di stipendi e pensioni netti massimi che vanno dai circa 900 ai circa 1.700 euro), potrebbe in molti casi essere azzerato in partenza dal limite posto alle detrazioni, per il quale è stato previsto un tetto massimo a 3.000 euro, che peraltro colpirà anche i redditi superiori. Anche in questo caso, il beneficio finirà annullato come per lo scaglione precedente. Unica ipotesi positiva, si fa per dire –commenta Manzato – è che nelle due fasce di reddito più basse si celino molti evasori, che dichiareranno poco, pagheranno meno di Irpef e continueranno a spendere come prima. Ma finora i numeri non hanno giustificato una probabilità del genere”.
“In pratica dunque – conclude Manzato – questo tipo di spostamento dall’imposizione diretta a quella indiretta significherà semplicemente che la gente che guadagna di meno sarà più libera di decidere come essere povera”. Mentre è assai probabile che l’aumento dell’Iva dal 21 al 22% “scarichi” sul PIL una contrazione che si stima essere attorno allo 0,5%, che va ad aggiungersi al -0,7% già precedentemente stimato. Se questa è la luce di ripresa che Monti ha detto di intravvedere nel buio, servirà ancora tutto il 2013 e probabilmente anche buona parte del 2014 per iniziare a rivedere un segno “+” dinanzi al Pil nazionale.