Oltre a non pagare nei termini, la pubblica amministrazione penalizzerà ulteriormente i fornitori con l’ampliamento della scissione dell’Iva, tagliando liquidità alle aziende
Secondo la Relazione annuale presentata dalla Banca d’Italia, il totale di debiti commerciali contratto dalla pubblica amministrazione (pa) italiana nei confronti dei propri fornitori ammonta a 64 miliardi di euro, 4 in meno rispetto al dato 2015. Di questi 64, 30 sarebbero di natura fisiologica e gli altri 34 ascrivibili ai ritardi “strutturali” nei pagamenti, ben oltre i limiti di legge.
Secondo l’Associazione artigiani di Mestre che da anni denuncia la cattiva abitudine della pa di pagare con ritardo i propri fornitori, «sebbene ci sia una leggera diminuzione della stima prudenziale effettuata dalla Banca d’Italia attraverso l’annuale indagine campionaria anche i ricercatori di via Nazionale tornano a sottolineare che nel confronto con gli altri paesi europei l’Italia presenta tempi di pagamento mediamente più lunghi e un ammontare complessivo di debiti da onorare che non ha eguali – afferma il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo –. Ma la cosa inaccettabile di tutta questa vicenda è che la nostra pa, nonostante siano ormai trascorsi 2 anni dall’introduzione della fattura elettronica nelle transazioni commerciali tra quest’ultima e i fornitori, non conosca ancora adesso quanti soldi debba onorare ufficialmente ai propri fornitori».
Oltre ad essere danneggiati dai pagamenti in ritardo, i fornitori saranno penalizzati ulteriormente dalla riduzione della liquidità incassata dalla pa a causa della scissione dell’Iva nella liquidazione delle fatture, importo che sarà girato direttamente all’Erario senza consentire ai fornitori di compensare l’Iva in acquisto, generando ulteriori attese per avere la liquidazione dei crediti Iva. L’obiettivo di questa misura di contrastare l’evasione fiscale, evitando che una volta incassata dal committente pubblico, l’azienda fornitrice non versi l’Iva dovuta al fisco, è sicuramente efficace nell’impedire che l’imprenditore disonesto non versi l’Iva all’erario, ha però provocato molti problemi finanziari a tutti coloro che con l’evasione, invece, nulla hanno a che fare. Vale a dire la quasi totalità delle imprese.
Se poi a questa situazione già penalizzante per le imprese fornitrici del comparto pubblico si aggiunge il più che probabile incremento delle aliquote Iva dal 22% al 25% e dal 10% al 12% già deciso dalle cosiddette “norme di salvaguardia” contenute nelle precedenti leggi di bilancio che dovrebbero scattare dal prossimo 1 gennaio, con il risultato di rallentare il sistema produttivo e commerciale interno, si ha un idea del fosco panorama che aspetta contribuenti e consumatori per la seconda metà del 2017 e l’anno a venire.