Per fronteggiare parte degli effetti scaturiti dalla pandemia da Coronavirus che hanno comportato la sospensione forzata di molte attività produttive e non, la Commissione europea lancia “Sure”, «un’espressione tangibile di solidarietà nell’Unione, con cui gli Stati membri concordano di sostenersi l’un l’altro».
“Sure” (acronimo di Support to mitigate unemployment risks in emergency) è il fondo antidisoccupati pensato come risposta dell’Unione europea allo shock della pandemia da Coronavirus e può contare su un fondo fino a 100 miliardi di euro che contribuiranno alle casse integrazione nazionali, sottoforma di prestito destinato – proprio come il Mes, a prescindere dalla condizionalità, o come le ipotesi di iniziative della Bei – ad aumentare il debito pubblico dello Stato che lo riceve. Questo è uno degli elementi più evidenti contenuti nella bozza del “Sure”, definito uno «strumento europeo per il sostegno temporaneo alla mitigazione dei rischi di disoccupazione» nell’emergenza Coronavirus.
Il “Sure” si pone di aiutare le economie alle prese con un balzo «improvviso e grave» della spesa per schemi di sostegno agli occupati, come la Cig italiana o il “Kurzarbeit” tedesco. Un elemento di spicco della proposta, che aspetta il vaglio del Consiglio e dei governi nazionali, è che la Ue emetterà obbligazioni finanziandosi sui mercati fino ad un limite di 100 miliardi di euro garantiti da una leva finanziaria dai singoli stati membri (in proporzione a ciascuna economia) di 25 miliardi. Nella bozza è messo chiaramente in evidenza che i soldi che arriveranno allo Stato beneficiario «è un prestito, non un finanziamento a fondo perduto» di «natura temporanea», e che andrà «reso compatibile» con i vincoli di bilancio europei(attualmente sospesi). I prestiti del “Sure” potranno essere rinnovati, ma aumentarne le dimensioni non appare facile: servirebbero ulteriori garanzie da parte dei singoli Stati.
Di fatto, il “Sure” assomiglia molto al “Efsf” creato per fronteggiare la crisi finanziaria del 2010, con la differenza che in questo caso non vi è alcuna condizionalità per il beneficiario. Emerge anche una scarsa convenienza ad utilizzarlo in termini di tassi rispetto ad un finanziamento diretto emettendo debito statale, calcolato per l’Italia in 0,015 punti percentuali rispetto ad un Btp nazionale. Cosa che deve essere attentamente valutata da parte del governo, anche per avere una più larga possibilità di manovra.
Inoltre, emerge ancora una volta una dicotomia dell’intervento pubblico a sostegno dell’economia, con i lavoratori dipendenti più o meno sempre garantiti e con poco rischio personale, mentre per lavoratori autonomi c’è il nulla e la certezza di doversi arrangiare da soli.
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