Il Belpaese ha ripreso la corsa, ma uno sviluppo inferiore specie a Germania, Francia e Spagna significa perdere altre posizioni. Anche l’occupazione non cresce a sufficienza, specie tra i giovani
La crescita dell’Italia è ripartita e sembra correre a velocità meno infime rispetto agli anni scorsi, anche se non è ancora robusta e generalizzata a tutto il Paese e a tutti i settori economici, con quelli destinati ai consumi interni che ancora languono. Ma risulta evidente che la corsa italiana è decisamente più lenta rispetto a quella degli altri “grandi” europei: nel secondo trimestre del 2017 nell’Eurozona il Pil è cresciuto dello 0,6% rispetto al primo trimestre 2017, mentre in Italia è salito solo dello 0,4%. Rispetto al secondo trimestre del 2016, invece, nell’Eurozona Pil a +2,2%; +1,5% in Italia.
I buoni segnali sono solo il segnale d’inizio, ma serve ben altro. E’ necessario che il Paese raggiunga e superi gli altri partner europei se non vuole perdere posizioni, affrontando i nodi sempre rimandati, ad iniziare dall’incrementare l’efficienza del sistema Paese, partendo dal taglio al peso eccessivo di burocrazia e fisco, la bassa produttività, la poca concorrenza, la bassa efficienza dei principali servizi pubblici ad iniziare da quello giudiziario, la scarsa strutturazione e spessore del sistema produttivo ed imprenditoriale. A questo s’aggiunge un debito pubblico elevatissimo, per giunta in continua crescita, che è necessario affrontare con misure decise per liberare risorse a favore dello sviluppo e della riduzione del carico fiscale, prima che l’inversione del costo del denaro (e del conseguente aumento degli interessi) metta nuova linfa alla crescita del debito stesso.
Eurostat ha certificato che il debito pubblico italiano è sceso dello 0,1% e si è attestato al 134,7% del Pil nel primo trimestre 2017, dal 134,8% del primo trimestre 2016, evidenziando una velocità di miglioramento che è tra le più basse in Europa. La Germania nello stesso periodo ha ridotto il rapporto debito/Pil di 4 punti percentuali (da 70,9% a 66,9%), la Spagna di 0,8 punti (101,2% a 100,4%) la Grecia di 0,3 punti (176,4% a 176,1%), l’Olanda di 4,7 punti (da 64,3% a 59,6%), l’Austria di 3,8 punti (da 86,5% a 82,7%).
Secondo una valutazione dello studio Ambrosetti, i dati relativi alla produzione industriale sono positivi e si attestano intorno al +1%. Gli ordini industriali sono in forte aumento e compresi tra il 3% e il 5% in base ai settori. Anche il “sentiment” degli imprenditori sulla situazione dell’economia raggiunge il record storico a 38,5 punti (+10 punti rispetto a giugno) evidenziando un contesto di ripresa sostenuta.
La forza di export e manifatturiero non basta a garantire al Paese una crescita simile a quella degli altri grandi Paesi europei. Servono interventi sistemici come la digitalizzazione del comparto pubblico per aumentarne produttività ed efficienza, anche con l’inserimento di nuove e giovani competenze, il taglio delle tasse e della burocrazia per aumentare l’attrattività del sistema Italia agli investimenti esteri, così come una maggiore efficienza del sistema giudiziario per assicurare tempi rapidi alla risoluzione dei contenziosi e una maggiore certezza del diritto, oggi troppo esposto ad interpretazioni capziose e discutibili da parte dei vari livelli di giudizio.