L’Italia cresce ancora a velocità troppo ridotta

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matteo renzi manina
Eurostat sbugiarda l’ottimismo di Renzi. Lo stesso Mise fa un bagno di realismo. Salvini: «2016 rispedire a casa Renzi»

 

matteo renzi maninaL’Italia in recupero più lento rispetto ai big dell’Unione Europea, ma negli ultimi 6 mesi sembra aver ingranato la ripresa. Il clima di fiducia dei consumatori tocca i massimi dall’inizio della crisi, la produzione industriale continua a crescere e il tasso di utilizzo degli impianti si sta avvicinando ai livelli pre-crisi.

E’ quanto emerge dall’ultimo “Cruscotto congiunturale” basato su dati Eurostat relativi al terzo trimestre 2015 e pubblicato sul sito del Ministero industria e sviluppo economico (Mise).

I dati di Eurostat «dimostrano che l’Italia ha ingranato la ripresa» afferma il Mise. Induce a ben sperare il confronto fra i dati sulla produzione industriale dei cinque maggiori paesi europei. Ma la velocità di crescita del Belpaese è ancora ben lungi da quelli dei principali competitori europei che, a confronto con l’asmatica andatura italiana sembrano delle lepri.

All’ottobre 2015, il livello della produzione industriale dell’Italia è ancora distante oltre il 31% dai livelli pre-crisi: va meglio della Spagna che ha ancora una distanza del 33,6% ma molto, molto peggio della Germania che ha una “distanza” di appena il 2,5%, recuperando quasi in tutto il livello precrisi. 

Il recupero dai minimi della crisi per il Belpaese è stato di solo il 3%, però di questo 3%, più di un terzo (l’1,1%) è stato realizzato negli ultimi 6 mesi. Se si considerano le variazioni della produzione industriale di secondo e terzo trimestre 2015, l’Italia con il suo +1,1% fa meglio di Francia (+0,7), Germania (0,1) e Regno Unito (+1,0); sotto solo alla Spagna che “sprinta” con un +2,4%. Il tasso di disoccupazione in Italia resta alto (+11,5% a ottobre), ma in discesa di 1,4 punti sui dodici mesi, con un recupero dell’1,6% dal massimo della crisi. Sempre pesante la situazione dell’occupazione giovanile (dai 15 ai 24 anni) che con un tasso al 15,1% vede lo Stivale fanalino di coda, anche dietro alla Spagna (17,7%) che però ha un tasso di disoccupazione complessiva al 21,6%. 

A leggere i dati Eurostat, l’Italia brilla soprattutto per il clima di fiducia che nel 2015 sembra essere tornato non solo per i consumatori, ma anche per le imprese. Nel confronto con i principali paesi europei la fiducia degli italiani è fra le migliori con un recupero dai minimi della crisi di 40,3 punti dell’indice e la variazione degli ultimi sei mesi di +7,7 (il risultato migliore rispetto a Germania, Francia, Regno Unito e Spagna). Bene anche la fiducia delle imprese che si sta avvicinando ai livelli pre-crisi con un miglioramento negli ultimi 6 mesi. Fiducia che però non si traduce negli investimenti diminuiti dello 0,4% e che interessa macchinari e attrezzature (-0,9%) Fra i dati positivi l’aumento nel terzo trimestre del 2015 del tasso di utilizzo della capacità produttiva degli impianti che anche in questo caso si avvicina ai livelli pre-crisi. 

«Nel confronto internazionale, l’Italia, rispetto ai principali paesi Ue, sconta una crisi più lunga e più dura che altrove – osservano dal Mise -. La ripresa, che nella maggior parte degli Stati membri Ue è partita e si è consolidata dal 2009, in Italia si è manifestata compiutamente solo tra il 2014 e il 2015. Tuttavia, i dati più recenti mostrano che il recupero è finalmente scattato, anche grazie alle misure assunte dal Governo per favorire investimenti e occupazione». 

Immediata la polemica sui dati della mancata crescita dell’economa nazionale da parte delle opposizioni al Governo Renzi: «dall’analisi dei dati Eurostat, che ci raccontano come l’Italia non riesca a recuperare le perdite della crisi e a mettersi a pari dei big Ue su industria e lavoro, e dall’analisi della lieve e affannosa crescita prevista per il nostro Paese nel 2015 e nel 2016, emerge che siamo sì usciti dalla recessione ma, ahinoi, non ancora dalla crisi. E la strada è lunga e tortuosa» afferma Renato Brunetta, presidente dei deputati di Forza Italia, aggiungendo che «per tornare ai livelli ante 2008, per quanto riguarda il Pil e l’occupazione, a questi lentissimi ritmi di crescita, ci vorranno almeno 10 anni. E i gufi qui non c’entrano niente, caro presidente del Consiglio (si fa per dire), Matteo Renzi. E il passaggio dal segno meno al segno più non è certamente ascrivibile a questo governo, che in 20 mesi a Palazzo Chigi non è riuscito a dare al Paese la tanto sbandierata svolta buona. Se non ci fosse stata la svalutazione dell’euro, la diminuzione del prezzo del petrolio e la liquidità della Banca centrale europea la crescita in Italia sarebbe ancora con il segno meno. Con buona pace di Renzi e della sua ossessione per i volatili notturni. Come volevasi dimostrare».

Sul fronte governativo, interviene direttamente il premier Matteo Renzi che vede i dati Eurostat come il bicchiere mezzo pieno: «l’Italia è tornata e mantiene gli impegni, anche se qualcuno non si è ancora liberato dell’ansia italica dei compiti da fare a casa. Noi non vogliamo venir meno alle regole che ci siamo dati: chiediamo solo il rispetto di quelle regole. E bisogna smetterla di pensare a un’Italia sempre con il cappello in mano. Porre le questioni con chiarezza è utile a noi e all’Europa stessa».

Parlando della crescita italiana fotografata da Eurostat, Renzi sottolinea che «abbiamo avuto tre anni di recessione sconosciuta in altri Paesi. Si pensi al nostro Pil: -2,3 con Monti, -1,9 con Letta e con me -0,4 l’ anno scorso. Quest’anno siamo cresciuti dello 0,8%, nel 2016 lo faremo del doppio -dice Renzi -. L’Italia è ripartita, siamo fuori dal pantano del 2013. Il Paese riparte, ripartono i mutui, l’edilizia, c’è ottimismo tra i consumatori». 

L’ottimismo renziano è rispedito al mittente da Mara Carfagna, portavoce di Forza Italia alla Camera dei deputati: «la fiducia è una cosa seria, perché senza la fiducia l’economia di uno Stato non marcia, non si muove. La gente, i consumatori e le imprese hanno creduto a Matteo Renzi, alla grande voglia di cambiamento che ha incarnato. Ma l’Italia non ha bisogno di un cambiamento di facciata. Un cambiamento è necessario, ma non può essere portato avanti senza competenza e senza alcun progetto solido. Un cambiamento quello incarnato oggi da Matteo Renzi che si fonda su visioni valoriali mobili e opportunistiche». Per Carfagna «il premier non si rende conto della distanza tra ciò che dice e la realtà dei fatti. L’Italia che cambia passo, inciampa in quello che certifica l’Eurostat che ci mette all’ultimo posto tra i paesi europei. La produzione industriale, la disoccupazione in particolare giovanile e femminile, la forte disparità tra Nord e Sud sono i dati oggettivi su cui le chiacchiere di Renzi si schiantano, senza possibilità d’appello. E’ necessario, ora più che mai consegnare al nostro Paese percorsi coraggiosi che sappiano dare con competenza e serietà soluzioni. Soluzioni – conclude Carfagna – in grado di valorizzare la forza di un’Italia mortificata dalle chiacchiere di un parolaio che ha già tradito il suo Paese».

Tranciante il commento tweet del leader della lega Nord Matteo Salvini: «il 2016 è l’anno del rimandare a casa Renzi».