“Green Deal”, non più rinviabile la revisione immediata: troppi vincoli sballati

Autotrasporto e filiera automotive presentano a Milano i punti su cui intervenire subito prima che per l’economia e società europea sia troppo tardi.

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green deal auto elettrica

Il convegnoSuperare la transizione ideologica”, organizzato a Milano da NGV Italy in collaborazione con regione Lombardia e gli operatori del settore trasporti e automotive ha tolto ogni residuo velo alla deriva ambientalista in corso in Europa con il “Green Deal“, una deriva imposta unilateralmente su criteri esclusivamente ideologici che non tengono in sufficiente conto le alternative, già esistenti e commerciali, che possono dare risultati di decarbonizzazione molto più rapidi ed efficienti rispetto a quelli imposte – e spesso irraggiungibili – dalla deriva verde della prima Commissione von der Leyen che ora rischiano di ripetersi nella seconda.

«Da un paio d’anni il nostro mantra è “una transizione con i piedi per terra”, nel senso che non può essere calata dall’alto come con il “Green Deal“, senza considerarne le effettive ricadute -ha detto Mariarosa Baroni, presidente di NGV Italy -. Dobbiamo utilizzare tutta la tecnologia a disposizione, sostenendo il principio della neutralità tecnologica e creando una visione congiunta tra le associazioni e il mondo industriale, in cui il metano e le biomolecole siano riconosciuti come valide alternative all’elettrico».

Parole condivise dal Governatore della regione Lombardia, Attilio Fontana: «da sempre siamo sostenitori della transizione ecologica, perché la sostenibilità è anche un’opportunità, ma le direttive europee sul “Green Deal” sono irrealizzabili e stanno dimostrando la loro criticità con effetti già visibili in Germania. Non possiamo accettare che un intero comparto sia spazzato via per una furia ideologica che distruggerebbe la nostra economia».

Guido Guidesi, assessore allo Sviluppo economico della Regione, da gennaio 2025 assumerà la presidenza dell’Automotive Regions Alliance, e delinea quella che sarà la priorità del suo mandato: «abbiamo bisogno di libertà di azione dal punto di vista regolatorio. Nell’automotive ci è stata imposta una sola soluzione che ha avvantaggiato i nostri competitor a livello internazionale. Dobbiamo considerare che il 30% delle aziende del settore non potranno convertirsi alle nuove trazioni e moriranno. Noi non chiederemo di cambiare gli obiettivi, ma di essere liberi nello scegliere le modalità per raggiungerli. Vediamo un futuro con una mobilità a trazione plurale. Ci vuole buonsenso per evitare un vero e proprio “suicidio economico” e speriamo che la nuova Commissione europea ci consenta di avere maggiore spazio di azione». E su questo aspetto il ministro all’industria Adolfo Urso si è già mosso chiedendo l’anticipo ai primi messi del 2025 dei vari divieti relativi all’automotive.

Come detto, al senso unico del “tutto elettricoimposto a prescindere dall’Unione europea con il “Green Deal“, ci sono alternative concrete, tutte sviluppate in Europa – e, soprattutto, in Italia – che evitando anche di incappare nel cappio scorsoio della dipendenza delle materie prime e delle tecnologieMade in Cina”. Una delle più concrete, già su strada, è costituita dai biocarburanti, utilizzabili su gran parte del parco circolante leggero e pesante e che sfrutta anche la rete logistica esistente senza la necessità di costruirne da zero una alternativa come nel caso dell’elettrificazione.

Paolo Arrigoni, presidente del GSE (Gestore dei Servizi Energetici) sottolinea che negli ultimi sei anni la produzione in Italia di biometano è sestuplicata e che la potenziale produzione è tale che «saremmo in grado di decarbonizzare tutto il settore dei trasporti». E si può fare ancora di più spingendo sul maggiore riciclaggio di tutta la frazione umida dei rifiuti urbani, dei fanghi da depurazione urbana e dei reflui zootecnici. E, si guardi bene, con vantaggi per tutti, perché il mancato utilizzo energetico di questefonticomporta per l’ambiente un maggiore impatto ambientale e maggiori costi per l’economia nazionale.

Il biogas può essere facilmente liquefatto in GNL utilizzabile per l’autotrazione dei camion, così come per i biocarburanti, come il gasolio HVO, che sono già una realtà commerciale presente sulla rete distributiva a disposizione dei consumatori, spesso allo stesso prezzo dei carburanti di origine fossile.

Peccato solo che i paraocchi (o, meglio, la capacità di pressione dell’industria tedesca) della Commissione europea abbia sdoganato i cosiddetti carburanti elettronici o E-fuels, che sono ancora in una fase prototipale e a costi commerciali multipli dei carburanti tradizionali, mentre i biocarburanti sono preclusi, perché avrebbero ancora un relativo livello di emissione (inferiore al 10%) e tanto è bastato per impedirne l’autorizzazione, almeno fino ad oggi.

Che non esista una sola soluzione è sottolineato anche da Michele Ziosi, responsabile affari pubblici e sostenibilità del gruppo Iveco, secondo cui «la mobilità delle merci ha varie strade da seguire, e la demonizzazione del motore endotermico è sbagliata. All’ambiente non interessa come arriviamo alla riduzione delle emissioni, ma che ci arriviamo. I biocarburanti avranno un ruolo fondamentale in questo processo di trasformazione. Ci viene chiesto di ridurre la CO2 ma allo stesso tempo le direttive ci impediscono di aumentare il peso dei camion per adottare le batterie. È importante una revisione complessiva, perché il cliente non comprerà mezzi nuovi se mancano le infrastrutture».

Per Gianni Murano, presidente di Unem, «nel trasporto pesante la partita non è assolutamente chiusa e non dobbiamo fare scelte sbagliate», mentre per Massimo Artusi, presidente di Federauto, «il mercato si sta spostando sul veicolo usato perché il cliente vuole comprare qualcosa che gli serve. La percentuale di immatricolazione dell’elettrico è ferma al 3,5%, troppo bassa affinché possa incidere sull’ambiente. L’unica alternativa sono i biocarburanti, soluzione che già abbiamo in Italia e che favorirebbe anche la nostra indipendenza energetica».

Ancora una volta l’irresponsabilità e l’impreparazione della politica chiamata ad effettuare scelte fondamentali rischia di essere un handicap per l’Europa, quando le soluzioni concrete già ci sono, con vantaggi sia per l’ambiente e per l’indipendenza tecnologica e strategica del continente. Continuare a fare finta di niente e proseguire per inerzia demagogica su un binario morto è inaccettabile.

 

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