Con giugno, il fisco comincia seriamente a presentare il conto ai contribuenti italiani a botte di tasse. Entro il 30, tra le ritenute Irpef dei dipendenti e dei collaboratori, la Tasi/Imu, l’Iva, l’Ires, l’Irpef riconducibile alle partite Iva, l’Irap, la Tari e tutta una serie di altre imposte minori, le famiglie, le imprese e i lavoratori autonomi dovranno versare 53,3 miliardi di euro di tasse nelle casse del fisco.
«Oltre ad avere un carico tributario e contributivo tra i più elevati d’Europa – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo –, in Italia è estremamente difficile anche pagare le tasse. La complessità e la farraginosità del sistema tributario spesso mette in seria difficoltà perfino gli addetti ai lavori, come i commercialisti, le associazioni di categoria o i Caf. Figuriamoci gli imprenditori, in particolar modo quelli di piccola dimensione, che nelle prossime settimane saranno costretti a recuperare le risorse economiche per onorare questo impegno in una fase molto delicata in cui le banche continuano a concedere il credito con il contagocce». Talvolta causando autentiche crisi di liquidità alle imprese.
Quello italiano è un fisco ancora troppo oppressivo e ingiustificatamente pretenzioso. «Con una tassazione inferiore e più semplice – sostiene il segretario della Cgia, Renato Mason – anche l’amministrazione finanziaria potrebbe lavorare meglio ed essere più efficace. La selva di leggi, decreti e circolari esplicative presenti nel nostro ordinamento tributario, invece, complica la vita a tutti, relegandoci tra il gruppo di paesi meno attrattivi per gli investitori stranieri anche per questo motivo».
Dall’analisi dei risultati emersi da questa elaborazione, la Cgia evidenzia che a giugno l’impegno economico più gravoso per le tasse lo dovranno sostenere le imprese; tra il pagamento delle ritenute Irpef dei dipendenti e dei collaboratori verseranno all’erario 11,4 miliardi di euro.
Con l’abolizione della Tasi sulla prima casa avvenuta nel 2016, quest’anno lo sforzo economico più rilevante per le famiglie italiane sarà il pagamento della prima rata dell’Imu-Tasi sulle seconde/terze case. Dei 9,8 miliardi di euro di gettito previsti dal pagamento della prima rata di queste due imposte gravanti su tutti gli immobili presenti nel Paese, quelli ascrivibili alle famiglie ammonteranno a circa 5 miliardi di euro.
Per i contribuenti con scadenza mensile (imprese e lavoratori autonomi), il versamento dell’Iva relativo al mese di maggio si attesterà sui 9,4 miliardi di euro. Su questa imposta, la Cgia torna a ribadire un concetto già espresso più volte nelle ultime settimane: «bisogna assolutamente evitare che dal prossimo 1 gennaio l’Iva torni ad aumentare. Non solo perché colpirebbe in particolar modo le famiglie meno abbienti e quelle più numerose – conclude Zabeo – ma anche perché il ritocco all’insù delle aliquote avrebbe un effetto recessivo per l’economia nazionale. Ricordo, infatti, che il 60% del Pil italiano è riconducibile ai consumi delle famiglie. Se l’Iva dovesse salire ai livelli record previsti, per le botteghe artigiane e i piccoli commercianti sarebbe una iattura, visto che la stragrande maggioranza dei rispettivi fatturati è attribuibile alla domanda interna».
A questo proposito, è interessante notare come l’ex ministro alle Finanze Vincenzo Visco abbia sostenuto in un commento su il Sole 24Ore come, se si combattesse seriamente l’evasione dell’Iva (che è la tassa di gran lunga più odiata ed evasa dagli italiani) e si evitassero gli arbitraggi tra le diverse fasce di aliquota oggi esistenti (4%, 10% e 22%), si potrebbero recuperare a gettito qualcosa come 200 miliardi di elusione, oltre a circa 250 miliardi di evasione Iva, tanto che alcuni studiosi di marteria fiscale hanno avanzato la proposta di semplificare il parco aliquote Iva a due soli livelli (4% per gli alimentari e i beni di prima necessità e il 18,5% per tutti gli altri) per tenere in equilibrio il gettito fiscale, senza ricorrere agli incrementi già previsti.
Tornando alle scadenze fiscali di giugno, il saldo 2017 e dell’acconto 2018 relativo all’Ires (Imposta sui redditi delle società di capitali) vedrà le imprese versare 9,1 miliardi di euro. L’Irpef in capo a tutti i lavoratori indipendenti (partite Iva) e agli altri percettori di reddito (da fitti, altri proventi, etc.), peserà per circa 4,3 miliardi. Il saldo 2017 e l’acconto 2018 dell’Irap, invece, costeranno alle attività produttive 3,2 miliardi.