Tra le regioni ordinarie che hanno chiesto maggiore autonomia in base alla loro capacità gestionale e ai conti pubblici in ordine, la Lombardia è, assieme al Veneto, quella che al momento ha il processo di devoluzione più avanzato, grazie al particolare assetto della trattativa intavolato dall’assessore regionale all’Autonomia, Stefano Bruno Galli.
Assessore Galli, solo l’altro giorno il presidente Fontana aveva lanciato un allarme sul percorso autonomistico della Lombardia. Un allarme fondato o solo uno stimolo alla politica a fare presto e a rispettare gli accordi di coalizione al governo centrale?
Dal 26 luglio scorso, il ministro alle regioni Erika Stefani ha in mano il documento redatto dalla regione Lombardia con le materie richieste. Da quella data in poi, si sono svolti una serie di tavoli tecnici con tutti i ministeri interessati, con un percorso, tra accelerazioni e frenate, che dovrebbe compiersi entro pochi giorni, in tempo per la firma finale dell’accordo per il prossimo 15 febbraio.
Le recenti esternazioni del vicepremier Luigi Di Maio che insiste su un’autonomia solidale potrebbero preludere ad una maggiore autonomia solo sulla carta, ma priva delle risorse necessarie per attuarla?
Gli accordi sono chiari e anche nelle scorse ore sono stati ribaditi. Ogni competenza che sarà devoluta dal livello centrale a quello regionale dovrà essere accompagnata anche delle relative risorse economiche. Per i primi due anni queste saranno identiche alle risorse che ora lo Stato spende sul territorio lombardo. Successivamente si dovrà delineare un diverso percorso di finanziamento che, al termine dei cinque anni previsti, dovrà portare a costi standard uguali per tutti i territori al fine di efficientare tutta la pubblica amministrazione, tagliando gli sprechi e liberando risorse per investimenti e il taglio delle tasse.
Entro il 15 gennaio dovevano chiudersi i tavoli tecnici, che invece sono ancora al lavoro. Cosa che ha suscitato la lamentela del presidente Fontana. Cosa ne pensa?
Siamo dinanzi ad un percorso innovativo mai prima verificatosi nella storia dello Stato e nei rapporti tra amministrazione centrale e regionale dalla riforma costituzionale di 17 anni fa ad oggi. Stiamo facendo un percorso del tutto nuovo, con numerose incognite di ordine procedimentale, amministrativo e costituzionale che stiamo affrontando costruttivamente, passo dopo passo. Seguendo in prima persona tutta la trattativa, non mi preoccupo se per arrivare all’obiettivo che ci siamo prefissi subiamo qualche ritardo. L’importante è arrivare bene al risultato finale.
Come sta procedendo questo cammino?
Come dicevo, sta andando bene e l’impostazione che gli abbiamo dato fin dall’inizio puntando sulle funzioni piuttosto che sulle materie generali ci ha dato la possibilità di esaminare ogni singolo tema in tutti i suoi aspetti, affrontando da subito e risolvendo i problemi che sono sorti. Abbiamo scelto quest’approccio perché una materia racchiude al suo interno più funzioni. Se avessimo iniziato dalla cornice piuttosto che dal contenuto, in sede di applicazione pratica dell’autonomia sarebbero potuti nascere problemi di interpretazione e di procedura che, con l’approccio dal basso, dalle singole funzioni, renderà l’applicazione finale dell’autonomia lombarda molto più chiara, sicura e lineare. Stiamo trattando su circa 130 funzioni riconducibili alle 23 materie costituzionalmente previste. E’ stato un lavoro minuzioso e certosino che ha registrato anche il gradimento dei funzionari ministeriali che hanno lavorato su dossier estremamente dettagliati a vantaggio della chiarezza e della certezza dei rapporti tra amministrazione statale e quella regionale, tanto che la trattativa per l’autonomia lombarda è quella al momento più avanzata, rispetto al Veneto ha invece scelto un approccio per materie. Tanto che, mi permetta una nota di soddisfazione personale, il metodo lombardo sarà utilizzato dallo Stato come riferimento per le future trattative con le altre regioni che chiederanno maggiore autonomia.
Per ciascuna funzione avete allestito una puntuale scheda operativa.
Sì, perché trasferendo la competenza da Roma a Milano, lo Stato deve disapplicare l’efficacia della legge statale di riferimento per il territorio lombardo, che con l’autonomia regolerà da sé la materia. E nella selva di stratificazione delle norme nel tempo non è stato un lavoro semplice. E’ sulle singole funzioni che si realizza il regionalismo differenziato, che può essere giustificato anche sulle capacità e dai risultati ottenuti dall’amministrazione locale nella sua puntuale gestione.
Questo lavoro ha portato alla realizzazione della prima bozza di accordo che avete consegnato al ministro Stefani il 22 ottobre, che poi è stata esaminata dal Consiglio dei ministri il 21 dicembre con la relativa informativa.
Sì, e da lì abbiamo dato il via alla seconda parte della trattativa con i relativi approfondimenti. Dopo Capodanno abbiamo ripreso le trattative con i vari ministri che ho seguito in prima persona a Roma. Il 15 febbraio si chiudono le intese con le regioni. Da quel momento, il premier Conte avvierà le trattative finali con i singoli presidenti di regione. Direi che con i tempi ci siamo e credo che il traguardo finale sia a portata di mano. L’aspetto più delicato da regolare è relativo alla potestà legislativa delle regioni nelle materie delegate dallo Stato. Si deve considerare che in 17 anni di riforma dell’assetto costituzionale, la Corte costituzionale ha emanato una serie di sentenze in tema di legislazione concorrente da parte delle varie regioni. Ma facendo leva sull’articolo 5 della Costituzione, uno dei principi fondamentali della Carta, lo Stato che è il titolare delle competenze può superare le obiezioni sollevate dalla Corte costituzionale, decentrando le competenze e andando oltre la giurisprudenza costituzionale consolidata. Si tratta di una trattativa tecnicamente molto delicata e complessa, che deve muoversi nel solco del principio costituzionale ma superando la giurisprudenza costituzionale, esplorando nuovi terreni giuridici, battendo anche le ritrosie dell’apparto burocratico ministeriale da sempre abituato a ragionare in termini di sentenze della corte costituzionale.
Sull’assetto finanziario dell’autonomia che accordi avete raggiunto?
Puntare l’attenzione solo sul lato finanziario, come molti fanno, svilisce l’aspetto politico dell’autonomia, che è quello di portata più rilevante. Una volta definito il pacchetto di funzioni, l’intesa va al ministero dell’Economia e finanze per individuare il principio di finanziamento, che si baserà dapprima sulla regionalizzazione della spesa storica dello Stato sul territorio. Entro due anni dall’accordo, si dovranno definire i costi standard che dovranno essere applicati entro i successivi tre anni.
Quanto sono fondate le proteste che stanno montando dalle regioni del Sud Italia timorose di perdere parte delle loro risorse con l’arrivo dell’autonomia per le regioni del Nord?
Sono timori del tutto infondati. Con l’arrivo dell’autonomia in Lombardia, ma anche in Veneto e in Emilia Romagna, lo Stato trasferirà a Milano solo i soldi che ha storicamente speso sul territorio per assicurare i servizi devoluti. Tanto spende a livello centrale, tanto spenderà Milano a livello locale. Quindi i finanziamenti che lo Stato eroga verso le regioni del Sud non subiranno alcun taglio e, conseguentemente, non c’è alcun motivo per allarmarsi e protestare. Premiare la virtuosità di una regione come la Lombardia, significa aumentarne la capacità economica e produttiva e, a cascata, anche la capacità di generare imponibile fiscale e, conseguentemente, più risorse da distribuire sia a livello locale che a quello nazionale.
Per rimanere sempre aggiornato con le ultime notizie de “Il NordEst Quotidiano”, iscriviti al canale Telegram
o vai su Twitter
@nestquotidiano
https://twitter.com/nestquotidiano
© Riproduzione Riservata