Bettiol: «no a latte in polvere nei formaggi. Governo difenda “Made in Italy”». Giuriolo: «una battaglia di civiltà a tutela della qualità alimentare»
S’accende la lotta contro la decisione della Commissione Europea di imporre anche all’Italia, tramite l’attivazione di una proceduta di presunta infrazione delle regole del libero commercio, la possibilità di utilizzare anche il latte in polvere per la produzione di formaggi e derivati. Per Renzo Bettiol, presidente di Confartigianato Caseari del Veneto, «qualità degli alimenti, rispetto delle tradizioni produttive, chiarezza di informazione ai consumatori non sembrano stare a cuore all’Unione europea. Si tratta di un grave attacco alla tradizione agroalimentare “Made in Italy” che ha nella produzione di formaggi un settore di punta apprezzato in Italia e all’estero e nel quale operano non molte aziende, 55 i caseifici artigiani in Veneto – in particolare operativi a Verona e Treviso – e quasi 2.000 in Italia, ma tutti patrimonio di conoscenza e lavorazioni che affondano le loro origini nelle nostre tradizioni. Come ad esempio le latterie “Turnarie” – come era il mio caseificio di Roncade – che sino agli anni Settanta hanno conservato la tradizione degli allevatori, che periodicamente ed a “turno” utilizzano le strutture del Caseificio per trasformare una parte del proprio latte per il consumo personale».
L’Italia è leader tra i Paesi europei per il numero di formaggi di qualità con marchio DOP, IGP e STG: ben 47, «i cui disciplinari di produzione, se venisse accolta la richiesta dell’Ue, potrebbero essere modificati a tutto svantaggio dei consumatori» dice Bettiol che chiede «al Governo italiano di difendere questo nostro patrimonio produttivo. Le norme in materia alimentare devono tendere a standard elevati e non piegare al ribasso, come già avvenuto per altri prodotti enogastronomici pregiati. I prodotti di qualità, preparati con ingredienti selezionati e secondo procedimenti tradizionali migliorati nel corso degli anni dalle capacità degli artigiani, non devono infatti, in nessun modo essere equiparati a quelli che sono invece veri e propri surrogati».
Sullo stesso tema scende in campo Coldiretti: «questa è una battaglia di civiltà per la difesa della qualità del cibo che tutti mangiamo, nella fattispecie del latte e derivati, contro le speculazioni di una certa industria lattiero casearia che vorrebbe poter usare liberamente polvere di latte per produrre formaggi e yogurt appunto “senza latte”, abbassando la qualità, omologando i sapori, prestando il fianco al rischio di frodi e perdendo quella distintività che solo il latte fresco con le sue proprietà organolettiche e nutrizionali assicura ai formaggi, yogurt e latticini “Made in Italy”» dice il presidente di Coldiretti Rovigo, Mauro Giuriolo, che partecipa con l’Associazione polesana alla grande manifestazione nazionale di Coldiretti che svolta a Roma, in piazza Montecitorio, dove sono convenuti allevatori, casari e consumatori da tutte le regioni italiane per impedire che venga rimossa la legge italiana n. 138 dell’11 aprile del 1974 che vieta l’uso di latte in polvere, latte concentrato e latte ricostituito per la produzione di formaggi e yogurt, come invece vorrebbe la Commissione europea che ha diffidato l’Italia.
«Siamo di fronte – aggiunge Giuriolo – all’ultimo diktat sull’agroalimentare di un’Europa pronta ad assecondare le lobby che vogliono costringerci ad abbassare gli standard qualitativi dei nostri prodotti, difesi da generazioni di produttori. Facciamo conto che con un chilo di polvere di latte, che costa sul mercato internazionale 2 euro è possibile produrre 10 litri di latte, 15 mozzarelle o 64 vasetti di yogurt e tutto con lo stesso identico sapore, perché viene a mancare quella distintività che solo il latte fresco dei diversi territori può dare».
A titolo di esempio, per un chilo di mozzarella ci vogliono 5 litri di latte alla stalla (costo: euro 1,75), ma se fosse abrogata la normativa italiana, potrebbero bastare 500 grammi di latte in polvere (costo: un euro); per un chilo di yogurt ci vogliono 1,2 litri di latte (costo euro 0,42), ma anche solo 120 grammi di latte in polvere (costo euro 0,24).
«La polvere di latte – spiega Giuriolo – è un prodotto “morto”, privo di proprietà organolettiche, che può arrivare da qualsiasi parte del mondo dove i maggiori produttori sono Nuova Zelanda e Stati Uniti, mentre in Europa i leader sono Francia e Germania. Fra l’altro le importazioni di latte e crema in polvere sono aumentate del 16% nel primo trimestre 2015 rispetto allo scorso anno e non è un caso che i 2/3 provengano proprio da Francia e Germania, l’asse che detta la linea politica dell’Unione europea». Secondo Giuriolo «il processo di disidratazione consente di concentrare i costituenti del latte rendendoli conservabili a temperatura ambiente per oltre un anno e la tecnologia di produzione prevede che il latte, dopo essere stato corretto del suo contenuto di grassi, venga trattato termicamente con una perdita di valore biologico delle proteine del latte che può essere anche rilevante”.