Un tavolo per delineare un piano nazionale della siderurgia, che ne definisca il ruolo nell’evoluzione del mercato globale, nel rispetto dell’ambiente e della salute dei cittadini: è una delle proposte di Fratelli d’Italia discussa nel corso del webinar “Siderurgia asset strategico per il Paese”, al quale hanno partecipato diversi politici e sindacalisti collegati da Taranto, Terni, Piombino, Genova e Trieste.
Fratelli d’Italia chiede uno «Stato stratega che interviene nel delineare e talvolta anche nel determinare gli sviluppi fondamentali degli asset strategici», tra i quali c’è sicuramente la siderurgia «in un paese come l’Italia che non vuole rinunciare alla sua industria».
Appello al ruolo della politica da Raffaele Fitto, europarlamentare e copresidente del gruppo ECR-FdI che dice: «Fratelli d’Italia spinge il governo ad avere un piano, un progetto per l’acciaio perchè in questi anni sono mancati elementi di concretezza per dare vera strategicità al settore. Dal 2012 ad oggi non abbiamo avuto nessun atto di politica industriale per un settore fondamentale per il Paese come l’acciaio. Abbiamo solo inseguito i provvedimenti della Magistratura e mai avuto una visione di insieme».
Il vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli, osserva: «noi dobbiamo ancora produrre acciaio o dobbiamo invece riconvertire i siti, sinora fortemente sfruttati, ma che oggi sono fortemente inquinanti e impattanti verso le comunità? E’ una scelta strategica. Noi siamo orientati a mantenere la strategicità della filiera dell’acciaio. Lo Stato non può stare un passo indietro perché quella dell’acciaio è una produzione delicata, in potenza fortemente inquinante, e quindi lo Stato non può solo limitarsi a fare solo un’azione di controllo ma deve far parte della cabina di regia. Sentirsi traino – ha rilevato Rampelli a proposito dello Stato in siderurgia – e costituire un modello mondiale. Ci sono tanti esempi di riconversione. In Germania la Rurh è stata eclatante da questo punto di vista. Parliamo di un terzo dell’intera area della Rurh, tra miniere, estrazione di carbone, porti fluviali, strade. Una roba gigantesca messa a regime in dieci anni dal 1990 al 2000 con 2 miliardi e mezzo di investimenti messi dalla Germania, non da un privato».
Secondo Rampelli, «se si deve accettare la sfida della riconversione, della bonifica, del risanamento ambientale delle aree, lo Stato ci deve stare dentro. Abbiamo fatto l’esempio della Rurh e oggi andandoci, sembra di stare in un modello da ogni punto di vista. C’è la produzione di acciaio, ma ci sono anche residenze, aree ricreative e culturali».
«A noi – ha proseguito il vice presidente della Camera per FdI – spetta il compito di fare una ricognizione, guardando anche alle esperienze di oltre oceano. A Pittsburgh la trasformazione è stata totale ed ha visto il sacrificio dell’acciaio. In Spagna c’è Bilbao che ha fatto un Museo ed ha avviato una riqualificazione urbana».
Per il senatore Adolfo Urso «dobbiamo affrontare quella che è a tutti gli effetti un’emergenza che vede coinvolti i cinque siti per la produzione dell’acciaio in Italia, Taranto, Terni, Piombino, Genova e Trieste che deve essere affrontata subito nella sua unitarietà. Fratelli d’Italia ha presentato in Senato una mozione per chiedere la costituzione di un tavolo nazionale presupposto necessario per la elaborazione del Piano, la proroga del “Golden power “nel settore scaduta il 31 dicembre, l’intervento di Cassa depositi e prestiti e Invitalia e l’uso delle risorse europee a cominciare dal recovery fund per la riconversione produttiva e la transizione ecologica. Non può essere la magistratura a fare la politica industriale, deve essere lo Stato con gli attori economici pubblici e privati, con la priorità in questo campo della difesa della salute e del rispetto dell’ambiente». «Dobbiamo aver chiaro il fatto – conclude Urso – che siamo stati e siamo un settore manifatturiero che si lega a doppio filo a quello siderurgico. Per una effettiva strategia che veda lo Stato protagonista centrale è necessario coinvolgere tutti gli attori, da imprese ai sindacati ai rappresentanti istituzionali nazionali e locali, per dare delle risposte concrete anche su come conciliare lo sviluppo con la tutela dell’ambiente ma soprattutto per rilanciare la siderurgia italiana in una fase come questa in cui mancano le idee per porre questa nuova fase».
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