Fisco: il Nord “doppia” il Sud per gettito fiscale pro capite

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Secondo la Cgia l’81% del gettito tributario complessivo va nelle casse dello Stato centrale. Zaia: «indispensabile trattenere sul territorio una quota maggiore di gettito fiscale tramite l’autonomia del Veneto»

 

rotolo biglietti 50 euro finanza affari tasseDalla lettura della graduatoria sul peso delle tasse che gli italiani versano all’erario e agli enti locali, emerge un Paese spaccato a metà. Se al Nord le entrate tributarie pro capite ammontano a un valore medio annuo di 10.229 euro, nel Mezzogiorno, invece,  il peso scende a 5.841 euro. In altre parole, il gettito che grava su ciascun cittadino del settentrione è quasi il doppio di quello che ricade su un residente del Mezzogiorno. Al Centro, invece, lo sforzo fiscale pro capite si attesta a 9.485 euro. Questi dati emergono da un’analisi dell’Ufficio studi della Cgia. Come si può interpretare questo “squilibrio” tra il Nord e il Sud del Paese?

«Come stabilito dall’articolo 53 della nostra Costituzione – esordisce il coordinatore dell’Ufficio studi dell’Associazione Artigiani di Mestre, Paolo Zabeo –  tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Appare evidente che i territori più ricchi del Paese versano di più di quelli che lo sono meno e questo giustifica il forte divario territoriale che emerge in questa analisi. Va altresì ricordato che laddove il reddito è più alto, il gettito fiscale è maggiore e, in linea di massima, anche la quantità e la qualità dei servizi erogati sono più elevati».

A livello regionale a svettare in questa particolare classifica è la Lombardia: ogni lombardo versa all’Erario e ai vari livelli di governo locali mediamente 11.284 euro. Seguono i residenti del Lazio con 10.426 euro e quelli del Trentino Alto Adige con 10.320 euro. Appena fuori dal podio troviamo gli emiliano-romagnoli con 10.310 euro pro capite e quelli della Liguria con 9.747 euro pro capite. Chiudono la classifica i campani con 5.854 euro pro capite, i siciliani con 5.556 euro pro capite e, infine, i calabresi con 5.183 euro pro capite. La media nazionale si attesta a 8.572 euro per abitante. 

Un altro aspetto interessante che emerge dall’elaborazione condotta dall’Ufficio studi della Cgia è la distribuzione del gettito tra i vari livelli di governo. Ebbene, su un totale nazionale di 8.572 euro pro capite di entrate tributarie registrate nel 2014 (ultimo anno in cui sono disponibili i dati a livello territoriale), ben 6.989 euro finiscono nelle casse dello Stato (pari all’81,5% del totale); 903 euro pro capite sono destinati alle Regioni (pari al 10,5% del totale) e “solo” 680 euro pro capite (pari al 7,9% del totale) confluiscono nelle casse degli enti locali (comuni, province e comunità montane). Ancora una volta la parte del leone la fa lo Stato centrale che ci preleva, grazie soprattutto al gettito dell’Irpef, dell’Ires e dell’Iva, l’81,5% del totale delle tasse che il contribuente versa ogni anno 

Da un punto di vista metodologico, le entrate tributarie sono quelle corrisposte dai lavoratori dipendenti, dagli autonomi, dai pensionati e dalle imprese e sono riferite al valore aggiunto generato nelle singole regioni.

Il divario fiscale Nord-Sud è dovuto in larga parte al forte squilibrio economico esistente nel Paese. La Cgia segnala che: su 60,8 milioni di abitanti presenti in Italia, il 45,7% risiede al Nord e solo il 34,4% al Sud; inoltre, a fronte di 24,3 milioni di occupati nel Paese, il 51% lavora nel settentrione e il 27,3%  nel meridione. Con una ricchezza annua pari a 1.612 miliardi (Pil nazionale), il 55,2% è prodotta al Nord e il 22,8% al Sud. La spesa complessiva annua sostenuta dalle famiglie italiane ammonta a 994 miliardi: di questi, il 52,8% è riconducibile al settentrione e il 26,4% al meridione. Infine, in termini di imponibile Irpef, infine, il valore assoluto nazionale è apri a 777,5 miliardi di euro, di cui il 54,5% ad appannaggio del Nord e il 24,3% di pertinenza del Sud.

I dati della Cgia di Mestre danno lo spunto al governatore del Vento, Luca Zaia, di ribadire la sua richesta nei confronti di Roma: «il problema non è quello di un Paese spaccato a metà in termini fiscali, quanto invece che c’è una parte del Paese che lavora e produce per consentire allo Stato di alimentare gli sprechi dell’altra parte del Paese». Per Zaia «i dati smentiscono anzitutto lo stereotipo di un Veneto evasore e semmai confermano invece che in Italia paga sempre Pantalone, perché i soldi che il Veneto versa – e parliamo di un residuo fiscale di 20 miliardi – non solo non tornano sul nostro territorio come servizi, ma non producono nulla per andare bilanciare le entrate che non arrivano dal Mezzogiorno. Nessuno ha mai messo in dubbio il principio della solidarietà – aggiunge Zaia – ma l’equità finisce a Roma, soprattutto se guardiamo a come Roma destina le risorse. E’ ormai arrivato il momento che una parte rilevante del gettito fiscale che arriva dalla parte produttiva del Paese resti qui dove si è dimostrato di saper spendere i soldi pubblici, dove la sanità e i servizi ai cittadini funzionano, dove nessun comune è andato in default a prescindere dalla forze politiche che ne sono alla guida. E questo senza negare la necessaria solidarietà al resto del Paese, ma non certo per finanziare gli sprechi».  

Zaia Rilancia il referendum per l’autonomia regionale: «il Veneto ha ora un’arma in più. Per la prima volta nella storia repubblicana la Corte Costituzionale ha dato il via libera ad un appuntamento che ritengo fondamentale: il referendum per poter rivendicare una maggiore autonomia. Mi attendo una partecipazione massiccia che faccia sentire con forza la voce dei veneti che sono stufi di vestire i panni di Pantalone».cgia tasse per territorio