Federalismo fiscale: nel 2023 nessun progresso

Bilancio della Corte dei conti alla commissione parlamentare. Serve maggiore impulso, specie al Sud. I comuni hanno ancora capacità di riscossione limitata.

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Federalismo fiscale

«Il percorso per l’attuazione del federalismo fiscale non ha realizzato sostanziali progressi» anche a causa del periodo di crisi pandemica che «ha imposto un rallentamento, e in alcuni casi, un riaccentramento di molte funzioni in capo allo Stato»: questa la testimonianza del presidente di sezione della Corte dei Conti, Francesco Petronio, durante l’audizione parlamentare sul federalismo fiscale.

«Le decisioni da assumere in materia di federalismo fiscale – ha detto Petronio – si inseriscono, in un complesso contesto di finanza pubblica nell’ambito del quale è determinante che venga dato un impulso deciso alla crescita attraverso la realizzazione del Pnrr, che prevede, tra le riforme, la realizzazione di un sistema di finanziamento autonomo degli enti territoriali la cui attuazione si interseca con quella della delega fiscale».

Inoltre, per Petronio «la disposizione che riserva in favore del Mezzogiorno almeno il 40% delle risorse finanziarie territorializzabili del Pnrr, dovrebbe imprimere un andamento più dinamico ai programmi di spesa per investimenti nelle aree economicamente meno sviluppate del Paese». Ma è proprio al Sud che il Pnrr incontra le maggiori difficoltà.

Quanto alla capacità impositiva, nel 2023 per le regioni a statuto ordinario si registrano incrementi significativi nelle riscossioni totali delle entrate correnti, che portano gli incassi per entrate tributarie a livelli superiori a quelli precedenti alla pandemia (circa 130 miliardi di euro rispetto ai precedenti 110 miliardi di euro).

Per Petronio, gli incassi delle entrate tributarie, costituite principalmente dal gettito di Irap, addizionale Irpef, cosiddetta tassa automobilistica e della compartecipazione al gettito dell’accisa sulla benzina, hanno evidenziato un incremento (+8,4% rispetto al 2022 e +10,9% rispetto al 2019) dovuto soprattutto alla quota Irpef, giacché l’Irap totale e la quota non sanitaria dell’Iva non raggiungono i livelli del periodo pre-pandemico. Infatti, nel periodo considerato, l’Irpef totale registra un incremento dell’8,7%, dovuto sia alla componente destinata alla sanità che a quella non sanitaria, mentre l’Irap evidenzia un decremento per le due diverse componenti (sanità e non sanità) che determina una riduzione complessiva del 14,8%. Per la compartecipazione Iva si riscontra un incremento complessivo dell’11,5%, dovuto esclusivamente alla componente sanità.

La riscossione dei principali tributi locali, in particolare, dell’Imu e della Tari, è resa complessa dalla scarsa conformazione all’obbligo fiscale, dalla situazione economica dei contribuenti ed anche dalla ridotta capacità di accertamento imputabile a profili organizzativi non adeguati. Si origina così un “tax gap” tra i tributi effettivamente versati e quelli teoricamente dovuti.

«Nel 2022 – ha sottolineato Petronio – i livelli di riscossione in conto competenza delle entrate tributarie nelle aree centro meridionali esprimono una capacità di incasso inferiore ai valori di riferimento delle altre aree geografiche (superiori all’80%)».

Dopo la battuta d’arresto del 2020 dovuta alla perdita di gettito di alcuni tributi locali per la crisi pandemica e all’aumento dei trasferimenti dello Stato, negli enti locali si evidenzia una ripresa degli indicatori di autonomia. Dal 2021, la riduzione dei trasferimenti della Stato e la fisiologica espansione delle entrate proprie hanno determinato un’inversione di tendenza, quando il livello delle entrate correnti di natura tributaria ed extratributaria è ritornato ai livelli pre-crisi.

«Non si registrano sostanziali innovazioni per lo sviluppo delle entrate tributarie degli enti locali, mentre permangono irrisolti alcuni nodi quali la mancata riforma del catasto immobiliare, l’abolizione dell’Imu per la abitazione principale, l’indebolimento dell’addizionale comunale per l’introduzione di aree di tassazione escluse dall’Irpef. Resta da valutare, infine, la possibile introduzione di una “service tax” – ha specificato Petronio -. Dal punto di vista dell’autonomia tributaria, il principio di base da realizzare – ha aggiunto – è quello di dotare ogni ente di un’imposta (da gestire con un sufficiente grado di autonomia) per attuare gran parte delle funzioni assegnate».

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