Diritto d’asilo, i ricorsi degli immigrati ingolfano i tribunali e accrescono i costi per lo Stato

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L’allarme del presidente dell’Ordine degli avvocati di Venezia: «il 60% dei fascicoli riguarda migranti, penalizzate le cause di divorzio». La catena dei ricorsi e dell’ospitalità aggiuntiva costa ai contribuenti 600 milioni di euro all’anno

RifugiatiLe pratiche dei ricorsi avverso il denegato riconoscimento dello status di richiedente asilo da parte delle migliaia di immigrati che giungono illegalmente sul suolo italiano ha due effetti nefasti: il primo consiste nell’ingolfare i Tribunali con centinaia di ricorsi fatti quasi automaticamente, al solo fine di prolungare il periodo di ospitalità del clandestino sul suolo italiano, penalizzando così il regolare corso della giustizia civile. L’altro riguarda i costi a carico dei contribuenti, visto che tra spese di assistenza giudiziaria garantita ai ricorrenti e al costo di mantenimento del clandestino fa sì che si spendano qualcosa come 600 milioni di euro all’anno.

Paolo Maria Chersevani, presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Venezia è netto: i tribunali veneti sono tra i più ingolfati in Italia dai ricorsi dei richiedenti asilo in continua crescita. A Venezia, l’Ordine degli avvocati ha dovuto assumere una segretaria da destinare unicamente alle pratiche in questione. La richiesta di protezione umanitaria e le pratiche sono cresciute da 2.086 nel 2015, a 4.779 nel 2016 e a 2.724 fino al 9 giugno 2017. Il solo Tribunale di Venezia è intasato da oltre 7.000 ricorsi, tra nuovi arrivi e quelli accumulati negli anni precedenti: «siamo vicini al collasso – ha dichiarato Chersevani – e si rischia di arrivare a quota 10.000 richieste entro fine anno». 

Il problema è che il ricorso contro il denegato riconoscimento di asilo innesca la catena dei tre gradi di giudizio fino in Cassazione, tanto da costituirne ben il 52% delle pratiche in esame, mentre nei Tribunali ordinari e nelle Corti d’Appello sfiora il 60%. Poi, sono procedimenti con priorità assoluta, in ragione delle spese di mantenimento dei richiedenti a carico dell’Erario, in quanto ammessi al gratuito patrocinio, tanto che il termine di definizione originariamente fissato a sei mesi è stato di recente ridotto a quattro mesi dal deposito del ricorso. Tutta questa mole di ricorsi finisce inevitabilmente con il rallentare tutti gli altri procedimenti della giurisdizione civile, ad iniziare da quelle per le separazione e i divorzi.

Poi c’è la questione dei costi, quelli del procedimento e quelli per l’ospitalità. I richiedenti asilo sono nullatenenti e ricorrono tutti all’istituto del gratuito patrocinio con costi medi per opporsi al primo diniego della Commissione territoriale variabili tra gli 800 e i 1.200 euro. Soldi che riguardano un ristretto giro di legali, spesso indicati direttamente dalle stesse cooperative che hanno in carico gli immigrati irregolari. Per completare tutto l’iter giudiziario il costo medio è di 23.500 euro per ogni causa. Soldi drenati dalla tutela legale che dovrebbe essere assicurata anche ai normali cittadini residenti, spesso penalizzati proprio dagli immigrati irregolari. Il tutto per assistere, 6 casi su 10, alla bocciatura definitiva della domanda che dovrebbe aprire la via al rimpatrio dell’immigrato clandestino. Non dopo averlo mantenuto adeguatamente per i circa 3 anni di tempo che dura l’iter giudiziario, per una spesa complessiva di circa 600 milioni di euro all’anno.