A furia di battere (come ha fatto sempre questa Testata), qualcosa si muove verso un più decente (ed europeo) trattamento fiscale sull’auto aziendale che i governi che si sono succeduti alla guida del Paese nell’ultimo trentennio hanno sempre inteso solo come un lusso voluttuario e, come tale, da punire fiscalmente in modo selvaggio limitando pesantemente la deducibilità delle auto aziendali.
Nel corso di un evento fieristico a Verona, il vicepremier e leader della Lega, Matteo Salvini, dinanzi ad una platea di concessionari ha preso pubblicamente l’impegno «a nome della Lega di portare al 100% la detraibilità dell’Iva per l’acquisto di auto da parte di aziende e professionisti», evidenziando l’arretratezza italiana in tale frangente.
Salvini ha assicurato che già la prossima manovra economica conterrà la misura: «lo Stato così incassa di più, si cambia il parco circolante, e riprende fiato il settore auto, affossato dalle politiche precedenti» dando anche una stoccatina al suo alleato di governo, M5s, sottolineando come «qualcuno ha un approccio ideologico al mondo auto, mentre è un settorefondamentale per il Paese perché porta oltre il 10% del Pil e con le nuove tecnologie inquina sempre meno». Parole da incidere nell’oro zecchino se non fosse che lo stesso governo Conte di cui Salvini è una delle due gambe portanti non avesse chiestosolo pochi giorni fa alla Commissione Europea di prorogare per altri tre anni il regime ultratrentennale di proroga alla parziale deducibilità Iva e del costo d’acquisto gravante sull’auto aziendale.
Per riportare l’auto aziendale in Europa una soluzione ci sarebbe già: «non occorre aspettare nuovi provvedimenti da parte del Governo: basta ritirare la letterina inviata a Bruxelles alla fine dello scorso marzo per fare entrare in vigore il regime ordinariosull’auto aziendale, visto che la deroga triennale è scaduta proprio ai primi di aprile – afferma il deputato bellunese, Dario Bond, che sul tema ha fatto intervenire gli eurodeputati azzurri che hanno depositato un’interrogazione in proposito al presidente della Commissione Europea, Claude Junker, chiedendo di respingere l’ulteriore proroga richiesta dal governo italiano –. Certo, c’è il problema del “buco” che si apre nei conti pubblici per i prossimi sette mesi, ma si tratta di un buco solo contabile, visto che i conti sono già in sicurezza dal risparmio di un miliardo di euro derivante dal reddito di cittadinanza e dalle maggiori entrate fiscali derivanti dall’incremento di vendite di auto aziendali».
Incremento che, secondo il presidente di Autotorino, Plinio Vanini, il maggiore gruppo concessionario attivo in Italia, «Federautostima attorno a 1,5 miliardi di euro in tre anni. Sarebbe un provvedimento a vantaggio di tutti, dai consumatori ai cittadini, dalla filiera allo Stato, perché l’aumento incrementale annuo stimato è di almeno 100.000 vetture nuove, con conseguenti benefici ambientali dati dallo svecchiamento del parco auto e maggiori entrate nelle casse dello Stato per circa 1,8 miliardi di euro nel triennio, tra Iva, costi di immatricolazione, tasse automobilistiche e Ipt». Previsioni che, oltre all’Iva, contengono anche la completa detraibilità anche dei costi di acquisto e di impiego dell’auto aziendale, mentre Salvini, come ha fatto notare il presidente del Centro Studi promotor, Gianprimo Quagliano «si è limitato al solo aspetto dell’Iva. Se non si portano in Europa anche i costi di acquisto e di gestione dei veicoli aziendali, oggi fermi ad una soglia irrisoria di 3.615 euro suddivisi in quattro anni, le impreseitaliane saranno ancora pesantemente penalizzate rispetto ai loro competitor europei».
Salvini ha fatto anche un passo nella giusta direzione dell’abbattimento di pregiudizi infondati sui motori termici: «ci sono pregiudizi anti diesel e anti benzina, mentre gli ultimi modelli di auto sul mercato inquinano se non meno, almeno come le elettriche, visto che l’energia in qualche modo la devi creare, bruciando qualcosa. Se oltretutto da domani tutti avessimo l’auto elettrica – dice ancora Salvini – non sapremmo neppure dove caricarla perché mancano le colonnine. E faremmo anche un favore ad aziende non italiane». Oltre a mandare in crisi il sistema elettrico nazionale non ancora attrezzato alle necessità di soddisfare i maggiori consumi di energia elettrica e all’esigenza di trasportare ingenti quantità in punti ristretti, cosa che richiede anche un pesante adeguamento della rete distributiva.
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