Quasi 100 miliardi di euro a partire da oggi, 26 settembre, fino al termine dell’anno e altri 335 miliardi nel 2023, per un totale di 435 miliardi: è l’ammontare dei titoli di Stato in scadenza del debito pubblico che il nuovo governo dovrà rimborsaree poi rinnovare, con nuove emissioni, tra Bot, Btp, Cct e Ctz secondo il Centro studi di Unimpresa.
In totale, i titoli di Stato in circolazione valgono 2.229 miliardi e oltre il 10% di questa cifra va gestito nei primi 15 mesi della prossima legislatura. L’89% delle obbligazioni emesse dal Tesoro corrisponde a Btp, il 6,1% a Cct, il 4,6% a Bot e lo 0,6% a Ctz.
«La gestione del debito pubblico sarà lo scoglio principale del nuovo governo, soprattutto perché saranno messe a nudo le difficoltà nell’attuare tutte le promesse fatte dalle forze politiche durante la campagna elettorale – dichiara il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora -. La coperta è corta e serviranno sforzi enormiper poter assicurare alle imprese e alle famiglie le risorse necessarie a fronteggiare uno dei momenti più difficilidella storia recente. Servono fondi per alleviare il rialzo dei prezzi, in particolare quelli dei prodotti energetici e servono fondi anche per sostenere le imprese più in difficoltà, stremate prima dalla pandemia e poi dalle conseguenze della guerra tra Russia e Ucraina».
A giudizio del Centro studi di Unimpresa, a partire dal 2022, l’acuirsi delle tensioni sullo spread, cagionata dall’inflazione, dalle elezioni e dalla difficile congiuntura economica, potrebbe avere ripercussioni sulla gestionedel debito pubblico. Occorre poi considerare l’impatto derivante dall’aumento dei tassi di interesse, che rendono più alto il costo del servizio del debito.
Gli appuntamenti col mercato, nel programmato calendario di emissioni stabilito dal Tesoro, non sono stati caratterizzati, finora, da situazioni critiche. Un quadro positivo favorito in particolare dalle misure di politica monetaria adottate e assicurate dalla Banca centrale europea che sono ormai arrivate a conclusione. Vanno quindi tenute sotto controllo le prossime reazioni da parte dei fondi degli investitori istituzionali, i soggetti che determinano gli esiti delle aste e i relativi tassi di interesse, in relazione ai quali non sono da escludere forti rialzi nei prossimi mesi.
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