Gentiloni: «investimenti, trasporti e dimensione economica». Dal vertice a tre con Macron e Merkel progressi insufficienti sulla gestione degli immigrati illegali
E’ ancora la leva economica a far spingere per l’allargamento dell’Unione europea in una delle aree più strategiche del continente, quei Balcani occidentali che meno di 20 anni fa erano teatro di guerre fratricide e che cercano nell’Europa la chiave per lo sviluppo e la riconciliazione. Sta in questa strategia l’esito del quarto Vertice dei Balcani occidentali, promosso nell’ambito del “”Processo di Berlino”, che si è celebrato quest’anno a Trieste, città-ponte con la Mitteleuropa che punta a rilanciare anche la propria economia e il proprio ruolo, a livello nazionale e internazionale.
L’esito è triplice, come ha indicato il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni al termine del summit con i capi di stato e governo dei sei Paesi candidati a entrare nella Ue (Albania, Kosovo, Serbia, Macedonia, Montenegro, Bosnia Erzegovina) assieme ai sei membri che fanno da guida in questo cammino (Italia, Germania, Francia, Slovenia, Croazia e Gran Bretagna) e ai Commissari Ue all’allargamento, Johannes Hahn, ai Trasporti, Violeta Bulc e alla rappresentante delle politica estera, Federica Mogherini.
Si parte dalle infrastrutture e dalla connettività, con la messa in campo di fondi comunitari per 194 milioni di euro che, ha sottolineato Gentiloni, «potranno generare investimenti per 500 milioni». A completamento, a Trieste c’è stata la firma del Trattato sui trasporti, che dà vita a un coordinamento istituzionale per uniformare e scambiare i dati per la sicurezza stradale nei Balcani. Focus particolare sull’autotrasporto, che causa gran parte degli incidenti gravi nel continente. «Una “chiave” per l’ingresso nell’Ue per molti Paesi», come ha sottolineato il viceministro alle Infrastrutture Riccardo Nencini.
Il summit triestino ha quindi dato il via a una struttura per il sostegno e la consulenza alle Piccole e medie imprese dell’intera area, il segretariato del Chamber Investment Forum, con sede presso la Camera di commercio a Trieste, con i sei Paesi aspiranti membri, Slovenia e Croazia, con oltre 350.000 imprese rappresentate, sempre per abbattere le barriere commerciali e attrarre investimenti.
Gentiloni ha riassunto il significato e le prospettive del vertice con la convinzione che «l’integrazione tra Ue e Balcani occidentali è strategica e irreversibile», aggiungendo che «lo sfondo di questi vertici si articola in decisioni sul terreno economico, ma non si deve perdere di vista lo scenario politico complessivo. Un percorso legato alla spinta alle riforme, alla riconciliazione e al successo delle partite economiche».
Se sul lato dell’integrazione si sono registrati passi avanti, su quello di come fronteggiare l’invasione di immigrati illegali che assilla l’Italia i risultati del vertice a tre tra Gentilon, Macron e Merkel il risultati sono stati insufficienti. Il nodo resta sempre lo stesso: gli emigranti economici. E il meccanismo pure: tanta solidarietà, ma porti chiusi.
Il confronto Gentiloni-Merkel-Macron, voluto dal premier italiano per tornare a spingere l’Europa a fare passi concreti per affrontare l’emergenza immigrazione, non è riuscito a far arretrare di un millimetro la determinazione del presidente francese a non occuparsi dei migranti economici che costituiscono la stragrande maggioranza dei clandestini in arrivo. Macron, al termine della mezz’ora di trilaterale sulla nave Palinuro a Trieste, non ha lasciato alcun dubbio. Gli immigrati economici e i rifugiati hanno «diritti diversi», ha ribadito, «non cederò allo spirito di confusione imperante». Una durezza compensata solo in parte dal mea culpa sulla Francia che «non ha fatto fino in fondo la sua parte sui rifugiati», visto che gli emigranti economici rappresentano l’85% degli arrivi.
«La distinzione che fa Macron è legittima – ha commentato Gentiloni -. E’ la legge, sono le regole. Anche noi diciamo che i rifugiati e i migranti economici non sono un fenomeno che ha le stesse caratteristiche ma diciamo che non si può ignorare la realtà delle grandi migrazioni». E che l’Italia continuerà a «battersi» perché la politica migratoria «non sia affidata soltanto ad alcuni Paesi ma sia condivisa da tutta l’Ue». Perché è inaccettabile che alcuni temi riguardino tutti i Paesi e altri no.
Quel che il mini-summit ha mostrato plasticamente è stata la distanza di Macron, rispetto agli altri due leader. Il presidente francese si è presentato con mezz’ora di ritardo, facendo aspettare Gentiloni e Merkel, giunta con teutonica precisione all’appuntamento. E, appena finita il trilaterale, subito dopo le dichiarazioni, ha ribadito con la stessa durezza la sua posizione con alcuni tweet. Al termine del trilaterale la cancelliera ha ribadito la sua solidarietà all’Italia e assicurato che l’Ue non può essere «solo l’Europa dell’economia ma anche l’Europa che affronta insieme tutte le sfide». Parole, certo, ma che indubbiamente mostrano la volontà di estendere agli altri Stati membri un problema che non può essere solo italiano. Anche se, ancora una volta, si scontrano con la realtà. Che è quella che arriva dal direttore di Frontex che, all’indomani del vertice di Varsavia su Triton, ha detto di aver sentito «una richiesta italiana» ma di non aver sentito «di Stati membri disponibili» ad aprire i loro porti per gli sbarchi.