Secondo la Cgia, 16 miliardi di euro sono stati a carico della fiscalità generale
La crisi economica che ha colpito l’Italia tra il 2009 e il 2013, al netto dei contributi figurativi, ha comportato spese per gli ammortizzatori sociali per quasi 59 miliardi di euro: la gran parte dell’importo di questi sussidi (il 72,7%), che in termini assoluti corrisponde a 42,8 miliardi di euro, è stata coperta dai contributi versati dai lavoratori dipendenti e dalle imprese, mentre la parte rimanente (il 27,3%), pari a poco più di 16 miliardi di euro, è stata pagata dalla fiscalità generale.
E’ questo il bilancio delle misure di sostegno al reddito erogate in questi ultimi 5 anni di crisi economica: una rete di protezione economica che ha garantito un sussidio a milioni di dipendenti che si sono trovati in difficoltà dopo aver subito una riduzione/sospensione dell’attività lavorativa per mancanza di lavoro.
L’elaborazione, realizzata dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre, ha quantificato le entrate e le uscite riferite alla Cassa integrazione (suddivisa tra Cig ordinaria, alla Cig straordinaria, alla Cig straordinaria in deroga), all’indennità di mobilità, all’Aspi e alla mini-Aspi (introdotte nel 2013) e ai trattamenti di disoccupazione. Questa analisi, si sottolinea dalla Cgia, non comprende le somme a copertura della contribuzione figurativa garantite dallo Stato ai fini della maturazione dei requisiti previsti per il trattamento pensionistico, in quanto non direttamente erogate.
«Se si analizza l’andamento registrato in questi ultimi anni – sottolinea il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi – si nota che c’è stato un boom della spesa delle misure di sostegno al reddito dei lavoratori che hanno perso il posto di lavoro. Dai circa 10 miliardi riferiti al 2009 si è saliti a quota 14,5 nel 2013. Importo, quest’ultimo, che dovrebbe essere raggiunto anche nel 2014. Per contro, invece, la copertura garantita dai contributi versati dalle imprese e dai lavoratori dipendenti è rimasta praticamente la stessa. Se nel 2009 era pari a 8,4 miliardi, nel 2013 è stata di poco superiore ai 9 miliardi di euro. Questo si traduce in un saldo sempre più negativo: ovvero il costo degli ammortizzatori sociali è sempre più a carico della collettività. Era pari poco più di 1,5 miliardi nel 2009, l’anno scorso ha sfiorato i 5,5 miliardi di euro».
A peggiorare la situazione del saldo ha contribuito anche la Cig in deroga che costa circa 1,5 miliardi di euro all’anno. Questo provvedimento è stato introdotto all’inizio della crisi per garantire un sostegno al reddito in particolar modo ai lavoratori delle piccole e piccolissime imprese (quelle con meno di 15 dipendenti) che per legge non potevano beneficiare della Cig ordinaria. A differenza di quest’ultima misura, quasi totalmente coperta dai contribuiti versati dalle imprese e dai lavoratori dipendenti, la Cig in deroga, invece, è in grandissima parte finanziata dalla fiscalità generale: ovvero da tutti i contribuenti.
«Ora – prosegue Bortolussi – la Cig in deroga è destinata a sparire a fine 2016 e sarà sostituita, come confermato anche dal “Jobs act”, con i fondi di solidarietà bilaterale istituiti con la riforma Fornero. Pertanto, bisogna scongiurare il pericolo che le piccole imprese con meno di 15 dipendenti, che costituiscono il 94% delle imprese con dipendenti presenti in Italia, siano costrette a subire ulteriori aumenti degli oneri. Inoltre, bisogna preservare le esperienze positive esistenti in molte regioni che già oggi garantiscono misure di integrazione salariale ai lavoratori che vengono colpiti da crisi aziendali. Su questa questione il ministro Poletti ha assicurato che le micro imprese non subiranno nessun aggravio. Tuttavia, il dubbio rimane: se la Cig in deroga verrà abolita entro il 2016 e le aziende non saranno chiamate a sostenere nuovi costi, il Governo dove troverà le risorse per garantire la copertura dei nuovi ammortizzatori sociali ai 4 milioni di lavoratori dipendenti che lavorano nelle piccolissime imprese?». Probabilmente la risposta sta nelle stesse ricette che gli ultimi governi hanno finora seguito: aumento della tassazione generale.
Prestazioni a sostegno del reddito dal 2009 al 2013 – uscite ed entrate
(valori in milioni di euro)
Anno |
Spese per prestazioni (A) |
Finanziamento da contributi di imprese e lavoratori (B) |
Sbilancio (A-B) |
Quota di copertura da imprese e lavoratori |
Quota di copertura a carico dello Stato |
2009 |
9.999 |
8.415 |
1.584 |
84,2% |
15,8% |
2010 |
11.139 |
8.627 |
2.512 |
77,4% |
22,6% |
2011 |
10.730 |
8.258 |
2.472 |
77,0% |
23,0% |
2012 |
12.585 |
8.554 |
4.031 |
68,0% |
32,0% |
2013 |
14.511 |
9.022 |
5.489 |
62,2% |
37,8% |
Totale periodo |
58.964 |
42.876 |
16.088 |
72,7% |
27,3% |
Elaborazioni Ufficio Studi CGIA su rapporti annuali Inps
Note:
per prestazioni a sostegno del reddito si intendono la CIG ordinaria, la CIG straordinaria, la CIG straordinaria in deroga, l’indennità di mobilità, l’ASpI e mini-ASpI (nel 2013), i trattamenti di disoccupazione.
le spese per prestazioni non comprendono le somme a copertura della contribuzione figurativa, garantite dallo Stato ai fini della maturazione dei requisiti previsti per il trattamento pensionistico ma non direttamente erogate.
SCHEDA TECNICA
AMMORTIZZATORI SOCIALI: COSA CAMBIA CON IL JOBS ACT
Cassa integrazione
Sarà impossibile autorizzare la CIG in caso di cessazione “definitiva” di attività aziendale o di un ramo di essa (già la legge Fornero ha previsto l’abrogazione a decorrere dal 1° gennaio 2016 dell’utilizzo della cassa integrazione straordinaria in caso di procedure concorsuali e dal 1° gennaio 2013 è possibile l’utilizzo di questa causale sostanzialmente in caso di esclusione della cessazione dell’attività lavorativa).
Semplificazione delle procedure burocratiche introducendo meccanismi standardizzati a livello nazionale di concessione dei trattamenti.
L’accesso alla cassa integrazione solo in caso di esaurimento delle possibilità contrattuali di riduzione dell’orario di lavoro, eventualmente destinando ai contratti di solidarietà una parte delle risorse attribuite alla cassa integrazione.
La revisione dei limiti di durata, da rapportare al numero massimo di ore ordinarie lavorabili nel periodo di intervento ordinario o straordinario di cassa integrazione e l’individuazione di meccanismi di incentivazione della rotazione tra i lavoratori da sospendere.
Si prevede una maggiore compartecipazione ai costi da parte delle imprese utilizzatrici della cassa integrazione attraverso una riduzione degli oneri contributivi ordinari ovvero del premio ed un incremento del contributo addizionale in caso di effettivo utilizzo della cassa integrazione. In termini concreti, questo significherebbe una riduzione delle aliquote del 1,90% (aziende fino a 50 dipendenti) e del 2,20% (aziende oltre i 50 dipendenti) di finanziamento ordinario della cassa integrazione ordinaria, così come l’aliquota dello 0,90% per la cassa integrazione straordinaria. Contemporaneamente, si prevedrebbe di incrementare le aliquote per il contributo addizionale fissate nel 4% (aziende fino a 50 dipendenti) e 8% (aziende oltre i 50 dipendenti) sull’ammontare della integrazione corrisposta per la cassa integrazione ordinaria e del 3% (aziende fino a 50 dipendenti) e 4% (aziende oltre i 50 dipendenti) in caso di ricorso alla cassa integrazione straordinaria.
La revisione dell’ambito di applicazione della cassa integrazione ordinaria (CIG) e straordinaria (CIGS), nonché dei fondi di solidarietà bilaterali, relativi ai settori non coperti dagli strumenti di integrazione salariale, con la fissazione di un termine certo per l’avvio dei medesimi fondi (anche attraverso l’introduzione di meccanismi standardizzati di concessione). Questi fondi andrebbero a sostituire la CIG in deroga destinata a sparire alla fine del 2016.
Disoccupazione: ASpI
rimodulazione dell’Assicurazione sociale per l’impiego (ASpI), con omogeneizzazione della disciplina relativa ai trattamenti ordinari e ai trattamenti brevi, rapportando la durata dei trattamenti alla pregressa storia contributiva del lavoratore. Attualmente ASpI e Mini-ASpI si differenziano soltanto per i requisiti contributivi e per la durata della prestazione, mentre, a differenza del passato, l’importo della prestazione è calcolato con le stesse percentuali sulla stessa retribuzione di riferimento.
l’incremento della durata massima per i lavoratori con carriere contributive più rilevanti. Secondo la normativa attuale, la durata massima del trattamento, a decorrere dal 1° gennaio 2016 per gli eventi che si verifichino da tale data è di 12 mesi, per i lavoratori di età inferiore a 55 anni (detratti i periodi di indennità eventualmente fruiti negli ultimi 12 mesi, anche in relazione ai trattamenti brevi); 18 mesi, per i lavoratori di età pari o superiore ai 55 anni (nei limiti delle settimane di contribuzione negli ultimi 2 anni, detratti i periodi di indennità eventualmente fruiti negli ultimi 18 mesi).
l’estensione dell’ASpI ai lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, fino al suo superamento mediante l’abrogazione degli attuali strumenti di sostegno del reddito (relativi a tali soggetti), l’eventuale modifica delle modalità di accreditamento dei contributi ed il principio di automaticità delle prestazioni e prevedendo, prima dell’entrata a regime, un periodo almeno biennale di sperimentazione a risorse definite.
l’introduzione di limiti massimi relativi alla contribuzione figurativa.
l’eventuale introduzione, dopo la fruizione dell’ASpI, di una ulteriore prestazione, eventualmente priva di copertura pensionistica figurativa, limitata ai lavoratori, in disoccupazione involontaria, che presentino valori ridotti dell’Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), con previsione di obblighi di partecipazione alle iniziative di attivazione proposte dai servizi competenti.
I contributi figurativi sono una contribuzione garantita dallo Stato nei casi previsti dalla legge (la contribuzione figurativa è a carico della Cassa integrazione guadagni – ora gestione prestazioni temporanee – ai sensi dell’art. 3, L.164/75 per il settore industria e dell’art. 5, L.427/75 per i settori edile e lapideo) in periodi in cui il rapporto di lavoro è sospeso o interrotto in alcuni casi particolari tutelati dalla legge stessa. Si tratta di una contribuzione calcolata sulla retribuzione dei lavoratori beneficiari di prestazioni a sostegno del reddito e garantisce la piena copertura previdenziale ai fini della maturazione dei requisiti previsti per il trattamento pensionistico.
Il finanziamento della Cassa integrazione guadagni straordinaria è in misura prevalente a carico dello Stato che vi provvede tramite la “GIAS” (Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali), istituita presso l’INPS dall’ art. 37 della Legge n. 88 del 1989. Per la parte rimanente del finanziamento, l’art 9 della Legge n. 407 del 1990 ha previsto un contributo ordinario pari allo 0,90% delle retribuzioni mensili soggette a contribuzione, così ripartito: 0,30% a carico dei lavoratori beneficiari e 0,60% a carico dei datori di lavoro destinatari del trattamento CIGS. Le aziende che beneficiano della Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria, compresa quella in deroga, escluse quelle in procedura concorsuale e che utilizzano contratti di solidarietà, versano un ulteriore contributo sull’ammontare dell’ integrazione autorizzata e corrisposta, del 3% fino a 15 dipendenti e del 4,5% oltre i 50.
Per il finanziamento delle assicurazioni ASpI e mini ASpI, la legge di riforma dispone l’obbligo di versamento delle seguenti contribuzioni:
•contributo ordinario (art. 2, co. 25-27 e co. 36);
•contributo addizionale (art. 2 co. 28-30);
•contributo dovuto in caso di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per causa diversa dalle dimissioni (art. 2, co. 31-35).
Inoltre, ulteriore novità è l’introduzione della contribuzione dovuta nei casi di interruzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato per causa diversa dalle dimissioni. L’art.2, commi 31-35, della legge di riforma introduce un nuovo contributo per il finanziamento dell’Assicurazione Sociale per l’Impiego. È previsto, infatti, che in tutti i casi di interruzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato per causa diversa dalle dimissioni intervenuti dal 1 gennaio 2013, i datori di lavoro siano tenuti al versamento di uno specifico contributo per ogni dodici mesi di anzianità aziendale del lavoratore negli ultimi tre anni, comprese le interruzioni di rapporti di apprendistato. Sono però esclusi fino al 31 dicembre 2016, dal versamento del contributo le aziende già tenute al versamento del contributo d’ingresso nelle procedure di mobilità (ex art.5 L.223/91).
Infine, poiché da gennaio 2013 sono entrate in vigore le nuove misure per la disoccupazione involontaria ASPI e MiniASPI, come già accennato, le domande pervenute che si riferiscono a licenziamenti avvenuti entro il 31 dicembre 2012 continuano ad essere classificate nell’ambito della disoccupazione ordinaria.
Mestre, 6 dicembre 2014