Giorgetti presenta i nuovi numeri del Dfp con deficit al 3,3% nel 2025 e sotto 3% in 2026. Taglio irpef per il ceto medio in forse.
La crescita del Pil Italia 2025 viaggerà ad un passo dimezzato, ma il deficit è confermato sotto il 3% già nel 2026, con il debito che inizierà a calare nel 2027 con lo sgonfiarsi dell’effetto del Superbonus 110% e la traiettoria della spesa netta viene rispettata.
Il nuovo Def, ribattezzato Documento di finanza pubblica (Dfp), tratteggia solo lo scenario tendenziale, ma lo fa con la cautela e la prudenza che lo scenario internazionale richiede. Il contesto è «difficile», il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, non lo nasconde, ma resta «ottimista»: «nonostante il dimezzamento delle previsioni di crescita Pil Italia 2025, incredibilmente la finanza italiana rispetta tutto gli indicatori».
Il Dfp arriva entro i tempi previsti in Consiglio dei ministri: entro il 10 aprile è atteso alle Camere. «Non è più il famoso Def, perché la nuova normativa Ue prevede documento diverso rispetto al passato, che è di aggiornamento dei conti di finanza pubblica e manca dei contenuti programmatici tipici del Def», spiega Giorgetti, mettendo in chiaro la difficoltà di stilare delle stime in un momento geopolitico così delicato.
«Viene adottato in una situazione molto complessa sotto l’aspetto economico globale e quindi nei riflessi sull’economia nazionale – chiarisce Giorgetti -. Questo rende molto complesse e difficili, perfino aleatorie, le previsioni non solo a lungo termine ma anche a breve».
Le stime sono in linea con quelle dei principali previsori. La crescita del Pil Italia 2025 viene ridotta allo 0,6%, al livello della Banca d’Italia, dimezzata rispetto al +1,2% ipotizzato sette mesi fa nel Piano strutturale di bilancio. Per il 2026 la previsione viene ridotta allo 0,8% (dall’1,1%), mentre resta allo 0,8% per il 2027. Ma la situazione è in evoluzione e non sono esclusi prossimi aggiornamenti: il 2025 è già stato “ridimensionato”, ma notizie come la sospensione dei dazi appena decisa da Trump – che Giorgetti apprende in conferenza stampa – «potrebbero indurle al rialzo», ma è difficile fare previsioni.
In questo scenario, anche le prossime misure come il taglio dell’Irpef per il ceto medio restano in forse: tutte le decisioni «saranno tarate sul contesto». Nonostante il dimezzamento del Pil, «il profilo di finanza pubblica con riferimento all’indebitamento si mantiene al 3,3% nel 2025, come nel Psb, al 2,8% nel 2026, scendendo come previsto sotto il 3%, al 2,6% nel 2027», dice Giorgetti, sicuro che «se non succedeva tutto questo casino saremmo andati sotto il 3% anche nel 2025», uscendo «anticipatamente dalla procedura per deficit eccessivo».
Il debito viene fissato al 136,6% nel 2025, al 137,6% nel 2026 e al 137,4% nel 2027, «quando finalmente l’effetto di cassa dei crediti del Superbonus tenderà a sgonfiarsi», puntualizza Giorgetti. «Risulta rispettato» anche il piano di traiettoria della spesa netta.
Il nuovo Dfp è tecnico e non contiene indicazioni né sull’impatto dei dazi né sulle spese per la difesa. Sui dazi Giorgetti professa «mente fredda» ed «interventi chirurgici». Linea che vale anche per le spese per la difesa, per le quali l’orientamento resta in linea con il 2%, mentre non è ancora deciso lo scostamento e qualcosa potrebbe arrivare in sede di risoluzione sul Def.
Sul Pnrr poi Giorgetti non arretra: «il tema della proroga può essere declinato in tanti modi», «va bene qualsiasi mezzo purché» ci si arrivi. Approvata in consiglio dei ministri anche la proroga della riforma fiscale. Il governo avrà altri 4 mesi, fino al 31 dicembre, per emanare i decreti legislativi di attuazione della delega.
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