Conti pubblici: secondo Unimpresa il debito sale e spesa pubblica rimane intoccabile

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Addio “spending review”: nei prossimi quattro anni dalle case dello Stato usciranno 45 miliardi di euro in più. Pucci: «il governo non vuole usare le forbici per ragioni politiche e ritorni elettorali»

grafico indice calo sfondo euro soldiCi risiamo: a Roma si respirare sempre più aria di elezioni e il partito della spesa pubblica riprende a pompare a pieno regime la spesa clientelare, spesso a debito. Lo denuncia il vicepresidente di Unimpresa, Claudio Pucci, dinanzi al nuovo record del debito pubblico che ad aprile ha raggiunto la quota di 2.270 miliardi di euro, in crescita di 10 miliardi rispetto al mese precedente.

«Il debito pubblico continua a salire e la spesa dello Stato è intoccabile – sottolinea Pucci -. La voragine nelle finanze statali si allarga sempre di più, ma il governo non riesce, o forse non vuole, aggredire gli sprechi del bilancio pubblico. Non si vogliono usare le forbici per ragioni politiche e ritorni elettorali. Così la spesa continuerà a crescere e contribuirà a far crescere il nostro debito. E nei prossimi anni sarà sempre peggio perché la “spending review” è stata abbandonata».

Secondo un’analisi del Centro studi di Unimpresa sull’ultimo Documento di economia e finanza (Def) approvato dal Governo Gentiloni, la spesa statale crescerà progressivamente nei prossimi quattro anni: tra il 2017 e il 2020, dalle casse del Tesoro usciranno, in tutto, 45 miliardi di euro in più rispetto al 2016. Salirà di 26 miliardi (+10%) la spesa per le pensioni e di oltre 8 miliardi (+11%) quella per le prestazioni sociali, di 2,6 miliardi (+1,6%) quella per gli stipendi dei dipendenti pubblici, di quasi 4 miliardi (+3%) l’esborso per forniture e servizi. Secondo l’operazione di verifica dei fatti realizzata dal Centro studi di Unimpresa sul Def approvato martedì dal Consiglio dei ministri, aumenterà anche la spesa per interessi sul debito di 4,8 miliardi (+7%) e la sanità subirà un aumento di 6 miliardi (+5%). «La spesa pubblica andrebbe tagliata seriamente: dalla lotta agli sprechi, che continuano a pesare sulla fiscalità generale, possono essere trovate le risorse per ridurre il peso delle tasse sulle famiglie e sulle imprese» osserva ancora Pucci.

Secondo l’analisi dell’associazione, il totale delle uscite si attesterà a 839,1 miliardi nel 2017, a 849,3 miliardi nel 2018, a 861,3 miliardi nel 2019 e a 874,2 miliardi nel 2020. Complessivamente, rispetto al 2016, quando il bilancio si è chiuso con uscite pari a 829,3 miliardi, ci sarà un incremento della spesa di 44,9 miliardi (+5,41%). Saliranno le uscite correnti per complessivi 40,7 miliardi (+5,77%) e subirà un incremento anche la spesa per il servizio del debito pubblico (interessi passivi) pari a 4,8 miliardi (+7,27%). In calo, invece, la spesa in conto capitale ovvero la voce che riguarda gli investimenti pubblici, specie quelli in infrastrutture e grandi opere: lo Stato spenderà sempre meno e ci sarà un calo complessivo di 623 milioni (-1,09%).

Le uscite correnti saliranno di 45,5 miliardi (+5,90%): dai 771,9 miliardi del 2016 di arriverà progressivamente agli 817,5 miliardi del 2020: in salita la voce degli stipendi dei dipendenti pubblici: dai 164,08 miliardi del 2016 ai 166,7 miliardi del 2020 con in incremento complessivo, nel quadriennio in esame, di 2,6 miliardi (+1,62%). Quanto alla spesa per forniture e servizi, l’aumento sarà di 3,9 miliardi (+2,90%) da 135,5 miliardi a a 139,5 miliardi. Per quanto riguarda il welfare, è prevista una salita della spesa per le pensioni di 26,4 miliardi (+10,11%) e di 8,4 miliardi (+11,08%) per le prestazioni sociali. Salirà anche la spesa sanitaria che nel 2016 si è attestata a quota 112,5 miliardi: nel 2017 arriverà a 114,1 miliardi, nel 2018 a 116,06 miliardi nel 2019 a 116,1 miliardi, nel 2020 a 118,5 miliardi per un incremento totale di 6,02 miliardi (+5,36%). Alla faccia del tanto decantato risanamento delle finanze pubbliche e del pagamento dei debiti verso i fornitori da parte del comparto pubblico da parte di Monti, Letta, Renzi e Gentiloni: la realtà è fatta di pagamenti che latitano, di tasse che aumentano e di debiti che crescono sempre di più.