L’indagine sul reale stato delle coste in concessione va dritta verso il binario morto e un sempre più probabile provvedimento di violazione delle regole sulla concorrenza per le concessioni balneari da parte della Commissione europea e della direttiva Bolkestein.
Grazie alla fortissima pressione sulla maggioranza del governo Meloni da parte delle associazioni dei balneari, il tavolo tecnico istituito a maggio presso la Presidenza del Consiglio per definire i criteri per determinare la sussistenza o meno della scarsità della risorsa naturale disponibile ha stabilito che “solo” il 33% circa delle aree demaniali delle coste è in concessione.
La scarsità del bene che farebbe applicare la direttiva Bolkestein alle concessioni balneari un risultato come questo la farebbe escludere, anche se nell’indagine sono state inserite tutte le coste, pure quelle inaccessibili, prive di servizi o vietate alla balneazione perché inquinate da qualche scarico fognario non depurato che costa multe mensili a danno dell’Italia.
Non paghe del risultato ottenuto, le associazioni dei balneari chiedono di far proseguire il tavolo per mappareanche le coste di laghi e fiumi.
«Abbiamo appreso con piacere che la risorsa costiera è ampiamente disponibile, per cui si possono assegnare in concorrenza numerose concessioni balneari, insieme al relativo piano di tutela per gli attuali concessionari – afferma presidente di Federbalneari Italia, Marco Maurelli -. Il dato, seppur soddisfacente, è incompleto perché carente del piano del demanio idrico, che comprende laghi e fiumi, come previsto dalla legge Draghi».
A fronte di un 67% di coste libere, per le associazioni balneari la conferma che la risorsa naturale disponibile non è scarsa, e quindi non si applica a questo settore la direttiva Bolkestein che costringerebbe a nuove gare, dal 2024 secondo le ultime decisioni del Consiglio di Stato, o dopo il 2024 secondo il rinvio previsto dal decreto Milleproroghe.
L’orizzonte non è del tutto chiaro anche a chi lavora nel settore. Intanto, da quanto fanno filtrare fonti di centrodestra, quella percentuale è il punto di partenza per avviare l’interlocuzione con la Commissione Ue.
«È un dato che aiuterà a far comprendere alla Commissione europea che la risorsa disponibile in Italia non è scarsa» sottolinea Fabrizio Licordari, presidente di Assobalneari Italia.
Intanto quel dato è considerato «certo e incontrovertibile» da chi per Forza Italia segue da tempo il dossier. «Non vi è scarsità di risorse. Viene quindi meno uno dei presupposti dell’applicabilità della direttiva Bolkestein, e quindi l’obbligo di mettere a gara le concessioni in essere», hanno detto gli azzurri Deborah Bergamini e Maurizio Gasparri. L’Italia è già sotto procedura di infrazione da parte di Bruxelles, che chiede di assegnare con «selezione aperta, pubblica e basata su criteri non discriminatori, trasparenti e oggettivi» le concessioni balneari in quanto considerate beni pubblici e a disponibilità limitata. Non possono, quindi, essere rinnovate automaticamente. E devono essere limitate nel tempo.
A maggio scorso la Commissione Ue ha ribadito come «i continui ritardi» nelle gare «rimangono una fonte di preoccupazione e comportano una significativa perdita di entrate» visto che gli attuali canoni di concessine incassati dallo Stato sono semplicemente ridicoli.
Ora bisognerà vedere se i funzionari della Commissione europea si faranno prendere per il naso da uno studioche annovera tutte le coste italiane invece che le sole validamente utilizzabili a scopo turistico per la presenzadi servizi, accessibilità e caratteristiche di balneabilità. Il rischio che l’Italia si buschi l’ennesima pesante multa comunitaria perché la politica non vuole assumersi la responsabilità di favorire la concorrenza e maggiori entrate proprio per il bilancio dello Stato che ne avrebbe dannato bisogno è dietro l’angolo.
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