Concessioni balneari: con tre nuove sentenze appena depositate e relative ai giudizi oggetto delle decisioni delle Sezioni unite della Cassazione e della Corte di Giustizia, il Consiglio di Stato ha riaffermato i consolidati principi della sua giurisprudenza sulla illegittimità delle proroghe generalizzate delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative stabilite dal legislatore dagli articoli 1, commi 682 e 683, della l. n. 145 del 2018; 182, comma 2, del d.l. n. 34 del 2020, conv. in l. n. 77 del 2020 100, comma 1, del d.l. n. 104 del 2020, conv. in l. n. 126 del 2020e, da ultimo, con il d.l n. 198 del 2022, convertito in l. n. 14 del 2023.
Le sentenze riguardano norme contrastanti con i principi di concorrenza e di libertà di stabilimento sanciti non solo dalla cosiddetta direttiva “Bolkestein”, ma anche dall’art. 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
Il Consiglio di Stato ha chiarito che la disapplicazione delle norme nazionali sulle concessioni demaniali marittime s’impone prima e a prescindere dall’esame della questione della scarsità delle risorse, di suo trasformata in una penosa farsa da certi capibastone della politica nazionale, che in ogni caso non risulta essere decisiva in quanto anche ove si ritenesse che la risorsa non sia scarsa, le procedure selettive sarebbero comunque imposte dall’art. 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea in presenza di un interesse transfrontaliero certo e dal diritto nazionale anche in assenza di tale interesse.
Il Consiglio di Stato ha pertanto ribadito la necessità, per i comuni, di bandire immediatamente procedure di gara imparziali e trasparenti per l’assegnazione delle concessioni balneari ormai scadute il 31 dicembre 2023.
In relazione all’avvio della stagione balneare, il Consiglio di Stato ha richiamato il contenuto dell’espressa disposizione di legge (art 3, comma 3, della legge n. 118/2022 nella sua originaria versione e disapplicate le modifiche apportate dalla legge n. 14 del 2023), che consente, in caso di difficoltà nel completamento della gara, la sola proroga cosiddetta tecnica fino al 31 dicembre 2024 delle concessioni già scadute per i comuni che abbiano deliberato di avviare o abbiano già avviato le gare per assegnare le concessioni.
Di fatto, la massima magistratura amministrativa sconfessa l’operato di gran parte della politica nazionale che ha puntato a tirare per le lunghe la questione del rinnovo delle concessioni balneari tramite gare solo per non inimicarsi la potente lobby di categoria. La strategia di molte forze politiche, specie quella di Lega Salvini e di Forza Italia, meno Fratelli d’Italia, si è dimostrata fallimentare, così come hanno fallito i governi precedenti a quello Meloni, come il Draghi e il Conte 2.
Dall’applicazione di gare basate su regole chiare e trasparenti dove il principio della remunerazione del bene pubblico messo in gara, oltre a stabilire la presenza di un adeguato rapporto tra spiagge a pagamento e spiagge libere per evitare arenili completamente occupati da bagni a pagamento, lo Stato ha tutto l’interesse, anche per superare lo scandalo che un settore che genera decine di miliardi di fatturato dall’utilizzo di un bene pubblico pagato poco più di 100 milioni all’anno di canoni.
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