Nella legge di stabilità la proroga dell’incentivo fiscale al 2016. Delrio: «strumento che va esteso»
I “bonus mobili” e il “bonus ristrutturazioni” sono due tra i provvedimenti lanciati negli scorsi anni che hanno riscosso un indubbio successo, sia per avviare un positivo volano di investimenti da parte dei privati che per il mantenimento di posti di lavoro che la crisi avrebbe inevitabilmente falcidiato, senza trascurare il fatto che molti lavori che prima venivano svolti in nero sono emersi, con conseguente positivo gettito in termini di entrate fiscali e contributive, tanto che a consuntivo il bilancio è largamente positivo.
Lo stesso Renzi, nel recente passato ha affermato che senza il rilancio dell’edilizia non ci potrà essere ripresa occupazionale. Nell’assemblare la manovra di bilancio 2016, il Governo Renzi pare orientato a riconfermare anche per l’anno a venire gli sgravi Irpef del 50% e del 65% per chi effettua lavori di ristrutturazione in casa o di efficientamento energetico e per chi acquista i mobili per la propria abitazione che altrimenti scenderebbero al 36%. Questi sarebbero settori che risulterebbero pressoché indenni dalla mannaia imbracciata dal nuovo responsabile della revisione della spesa pubblica e delle esenzioni, Yoram Gutgeld, che pure vuole recuperare 1,1-1,3 miliardi dalla revisione delle esenzioni fiscali. Nessuna obiezione anche dal ministero dell’Economia che dovrà tener conto degli effetti di cassa per alcune centinaia di milioni, ma condivide una valutazione positiva sullo strumento a livello complessivo.
Tra gli alfieri più convinti della conferma degli attuali sgravi vi è il ministro alle infrastrutture, Graziano Delrio, che ha già posto la doppia questione della proroga degli strumenti nel 2016 e dell’allargamento della platea dei beneficiari. «Se lo strumento ha funzionato e ha portato buoni risultati in termini di politica economica per la crescita e anche per le casse dello Stato, sarebbe sbagliato non utilizzarlo al meglio».
Il Governo non punta alla riconferma tal quale dei provvedimenti, ma si appresterebbe anche ad alcuni cambiamenti per migliorare lo spettro d’intervento. Indiscrezioni indicano che Delrio vorrebbe l’estensione dei crediti di imposta (e in particolare di quello sul risparmio energetico) anche agli alloggi popolari pubblici finora esclusi dai benefici e l’ammissione al bonus fiscale per l’acquisto di mobili anche a chi va in affitto, magari innalzando l’attuale risibile tetto di spesa.
La conferma e l’ampliamento dei bonus è una posizione sostenuta anche dalle imprese. I costruttori dell’Ance sono più che favorevoli all’estensione degli strumenti fiscali dalla scala micro a quella macro (e in particolare alle operazioni di riqualificazione urbana), mentre il presidente di FederlegnoArredo, Roberto Snaidero, ha chiesto di alzare il tetto di 10.000 euro per la spesa agevolabile nell’acquisto di mobili. Già che si mette mano al meccanismo, sarebbe opportuno fare anche un altro passettino: prevedere la defiscalizzazione del maggior costo che oggi chi acquista o ristruttura o costruisce una nuova casa deve sopportare per passare dal livello minimo di efficienza energetica a quello massimo. Oltre che rispondere ad una precisa indicazione delle direttive comunitarie, sarebbe un investimento per il futuro, visto che un immobile ad altissima efficienza energetica ha un impatto ambientale e sociale decisamente inferiore ad uno di classe energetica inferiore, senza contare l’effetto sulla bolletta energetica nazionale. Nello specifico, si tratterebbe di consentire la deducibilità fiscale in 10 anni di circa il 20% del costo dell’edificio dichiarato all’atto di acquisto o dalle fatture di ristrutturazione o di nuova costruzione per tutti coloro che siano in possesso di una certificazione energetica di classe A+ o simile.
Intanto, uno studio del Cresme evidenzia come il 96% della perdita di posti di lavoro della crisi italiana sia arrivata proprio dal settore delle costruzioni. Nel 2014 l’edilizia contava su un 1.794.000 occupati che nel 2014 erano scesi a 1.486.000. La perdita è di 308.000 posti di lavoro, pari al 20,7% della manodopera (altri 161.000 posti di lavoro si erano persi nel periodo 2008-2011). Questi 308.000 posti di lavoro – dice il Cresme – vanno confrontati con i 321.000 posti di lavoro persi nel periodo 2011-2014 dall’intera economia italiana. Ecco che viene fuori quel 96%: tutta la crisi occupazionale riguarda l’edilizia.
Secondo il Cresme a tenere su il settore dell’edilizia sono stati proprio gli incentivi fiscali alle ristrutturazioni che nel biennio 2013-2014 che hanno veicolato il 60% dei lavori di rinnovo residenziale fatti in Italia. Di fatto, gli sgravi Irpef del 50% e del 65% sono stati il motore del comparto edile.