Le regioni contrarie all’autonomia differenziata a firma Roberto Calderoli accelerano sul referendum abrogativo, con la nascita di un coordinamento tra i territori “rossi” (Emilia Romagna, Campania, Puglia e Toscana) e M5s (Sardegna) per scrivere un testo condiviso e “inattaccabile” da sottoporre alla Consulta, tale da evitare lo sforzo della raccolta delle firme tra gli elettori. Tra giovedì e venerdì le cinque regioni si riuniranno per esaminare il testo che dovrà essere inviato alla Corte costituzionale.
In Emilia Romagna i capigruppo del centrosinistra hanno scritto alla Regione per sollecitare l’indizione del referendum abrogativo, accelerazione su cui pesano le vicine dimissioni del presidente Stefano Bonaccini che entro il 16 luglio dovrà entrare al Parlamento europeo, con conseguente scioglimento del Consiglio regionale e nuove elezioni in autunno.
I capigruppo di maggioranza, dem e M5s, hanno anche preparato il testo per il quesito referendario (“Volete voi che sia abrogata la legge 26 giugno 2024, n. 86, ‘Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione?”) e hanno sollecitato il presidente dell’assemblea regionale a inviare la deliberazione ai consigli regionali. Sarebbe stata fissata al 9 luglio la riunione per discutere e votare la richiesta per il referendum abrogativo.
Un percorso simile è stato annunciato in giornata in Campania, che riunirà il proprio Consiglio l’8 luglio. E a ruota anche da Toscana e Puglia, anche se non è ancora nota la data per la discussione della delibera.
Ma c’è anche la Sardegna della pentastellata Alessandra Todde, che si dice “orgogliosa che la regione sia capofila contro l’autonomia differenziata”. Todde ha informato che sul quesito referendario si stanno «stringendo i tempi, con l’Emilia Romagna che è più avanti, ci stiamo confrontando con il testo che loro hanno prodotto». Sul fronte della impugnativa per fermare la legge Calderoli, ha detto ancora Todde, «spetta alla Sardegna» perché «essendo una regione a statuto autonomo ha maggiori possibilità, ma stiamo raccogliendo informazioni».
Sul piede di guerra molti comuni calabresi, in pressing sul governatore di Forza Italia, Roberto Occhiuto: i territori che chiederanno il referendum abrogativo «da soli bastano, ma la Calabria non resti a guardare e si associ a queste regioni».
Proprio in casa di Forza Italia emergono le maggiori contraddizioni, con un partito spaccato tra un Nord – la regione Piemonte con l’appena rieletto Alberto Cirio – pronto a chiedere l’applicazione dell’autonomia differenziata nelle 9 materie dove i Lep non sono obbligatori, così come le regioni a guida Lega, Lombardia e Veneto, ed un Sud dove invece i vertici azzurri temono la deriva della maggiore autonomia, timorosi di perdere risorse e, forse, di dovere superare la tradizionale inefficienza politica, amministrativa e gestionale.
Intanto, il governatore veneto Luca Zaia tenta di raffreddare le polemiche, affermando che sull’autonomia parla di mera «applicazione della legge» in risposta al ministro FdI per la Protezione civile, il siciliano Nello Musumeci, che lo aveva chiamato direttamente in causa, definendo la sua una «richiesta precoce» e confermando la presenza di «perplessità» – specie quelle azzurre – all’interno della maggioranza di governo che ha votato quella riforma.
Comunque la si guardi, referendum o meno, la legge Calderoli sull’autonomia differenziata, grazie al meccanismo della individuazione dei Lep – Livelli essenziali di prestazione – che devono essere assicurati a tutti i cittadini delle 20 regioni italiane e del relativo finanziamento finirà in gran parte su un binario morto, almeno fin tanto che il governo centrale non riuscirà a ridurre gli sprechi della spesa pubblica nazionale per liberare le risorse necessarie per finanziare i Lep. C’è da scommettere che ci vorranno anni, lustri e lustri.
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