Autonomia di Veneto, Emilia Romagna e Lombardia: ulteriore passetto in avanti

Ma il traguardo finale è ancora lontano: 2020 o, più probabile 2021, grillini permettendo. 

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La firma finale per concedere l’autonomia a Veneto, Emilia Romagna e Lombardia, secondo i proclami di solo qualche settimana fa, doveva esserci entro la fine del 2018, ma così non è stato. A palazzo Chigi, si è assistito ad un premier Giuseppe Conte, cinturato dal vicepremier leghista e ministro agli Interni, Matteo Salvini, e dal ministro agli Affari regionali, Erika Stefani, che ha annunciato il rinvio della firma al 15 febbraio 2019, data in cui sarà dato avvio all’iter che porterà all’autonomia richiesta tramite il normale iter legislativo, ovviamente grillini permettendo.

Salvini, nonostante l’ennesima smentita alle sue promesse, ha ribadito che «facciamo sul serio», mentre Conte ha tranquillizzato: «sono il garante della coesione nazionale e sociale, prometto che l’autonomia non farà arricchire le Regioni del Nord e impoverire quelle del Sud». Una quadratura del cerchio che si annuncia difficile.

Con quella di ieri, si è passati da un’autonomia attesa «entro Natale», a «entro l’anno», a «il 15 febbraio» con la non trascurabile sottolineatura che in quella data sarà solo dato l’avvio al lungo (e irto di imboscate e di fuoco amico) iter legislativo che porterà all’approvazione finale della legge che non si concluderà prima del 2020 o, più probabilmente, 2021. E le proteste non si sono fatte attendere, con gli indipendentisti e i Dem che sottolineavano «l’ennesimo indecente balletto» e alla «presa in giro» della maggioranza pentaleghista, dove Salvini e soci sono palesemente inostaggio della maggioranza grillina che vede la maggiore autonomia per Veneto, Emilia Romagna e Lombardia come un possibile attentato al loro bacino elettorale.

Ai governatori delle tre regioni che si preparavano a brindare a suon di Prosecco e Franciacorta non è restato che fare buon viso a cattivo gioco, dicendosi soddisfatti dell’ottima e abbondante minestra riscaldata offerta da Conte.

«È stato compiuto un passaggio importante, molto significativo anche dal punto di vista politico – ha detto Conte – un passaggio qualificante del nostro programma: abbiamo avviato il percorso dell’autonomia, riconosciuta in particolare a Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna». Conte ha negato tensioni all’interno della maggioranza («No, no, c’è unanimità e consenso rispetto ad un impegno che abbiamo assunto, che è scritto nel contratto di governo e su cui i cittadini si sono espressi con un esercizio virtuoso di democrazia che non va disatteso»), pur sottolineando la complessità della riforma mai prima d’ora effettuata, confermano che alcuni ministeri hanno chiesto più tempo per approfondimenti: «fin qui non siamo rimasti con le mani in mano, il ministro Stefani ha da tempo avviato le consultazioni con i colleghi e siamo in fase avanzata, ma come potete immaginare si tratta di un percorso articolato, che richiede tempo. Faremo molta attenzione sul piano tecnico e saremo rispettosi dei principi di sussidiarietà e perequazione, non comprometteremo l’architettura costituzionale del Paese». Quindi, ha concluso il premier «valuteremo sul piano tecnico, giuridico e politico l’intesa e il 15 febbraio vogliamo ritrovarci in condizione di poter firmare con il presidente per poi proseguire l’iter che vede nell’approvazione a maggioranza assoluta del parlamento un altro passaggio fondamentale».

Soddisfatta a metà il ministro Stefani, che da mesi sta battagliando specie verso i ministri Cinque Stelle, per avere i pareri necessari a dar corpo all’intesa: «abbiamo iniziato un percorso che porterà un grandissimo cambiamento nel sistema paese, dando alle Regioni oneri e onori: potranno legiferare e amministrare valorizzando il territorio ma avendo sempre la responsabilità delle loro azioni, il che significa che se il presidente e la giunta non faranno bene dovranno andare a casa». Stefani ha ricordato l’iter, che non si esaurirà con la legge votata dal parlamento («poi ci vorranno i decreti attuativi»), e ribadito una volta di più che la partenza della riforma, sul fronte delle risorse economiche, sarà «a costo storico», ovvero parametrata sugli attuali livelli di spesa dello Stato nei diversi territori, sottolineando come «la vera sfida sarà arrivare all’approvazione dei fabbisogni standard».

La conferenza stampa è stata chiusa da Salvini, che molto si è impegnato per rassicurare le Regioni del Sud, evidenziando così ulteriormente il cambio di pelle (e di priorità) di quella Lega che fino a non poco tempo fa aveva nella sua ragione sociale la parola “Nord”: «il divario con il Nord non è un problema di domani ma di oggi, derivato dal centralismo. Spero che questa sfida sia raccolta anche dalle Regioni del Sud, penso a Puglia, Abruzzo, Basilicata». Quanto all’autonomia del Veneto, Salvini in un crescendo di ottimismo ha detto che «stiamo rispettando un’altra scadenza di questi sei entusiasmanti mesi di governo» glissando sul fatto che si tratti di una scadenza temporalmente molto mobile. E quanto alle palpabili tensioni con i ministri Cinque Stelle, Salvini ha glissato, evidenziano il comportamento virtuoso di quelli coperti da esponenti del suo partito: «Interni, Agricoltura, Istruzione hanno chiuso la partita, ora proseguiremo il confronto con gli altri e per San Valentino saremo pronti alla firma».

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