Entro un paio di mesi, Vienna mette controlli ai valichi di Brennero, Resia e Nauders. Allarme in Tirolo: lunedì vertice straordinario dell’Euregio a Bolzano
Gli incubi del tirolesi che erano svaniti vent’anni fa in occasione dell’entrta in vigore dell’accordo di libera circolazione di Shengen tornano a materializzarsi: entro un paio di mesi, il governo di Vienna è deciso a rimettere le barriere ai valichi di confine tra Italia e Austria nel tentativo di fermare la massa di immigrati extracomunitari provenienti dalle aree di conflitto siriana e irachena.
Non solo controlli alle persone: secondo anticipazioni di oltreconfine, potrebbero essere ricostituiti anchei controlli doganali alle merci in transito, cosa che potrebbe costituire un serio problema con relativo aggravio di costi per i traffici tra nord e sud Europa.
Il giovane ministro degli esteri austriaco Sebastian Kurz in questi giorni è impegnatissimo nel stendere una rete di alleanze con i paesi balcanici per rafforzare la rete dei controlli per arginare l’invasione proveniente dal corridoio balcanico. Parlando in Macedonia, Kurz ha annunciato che l’Austria ha quasi raggiunto il numero massimo di rifugiati che prevede di raccogliere entro l’anno e che è pronta a chiudere le frontiere a nuovi arrivi. Kurz ha precisato che il limite massimo dei 37.500 migranti sarà raggiunto «entro un mese»: a quel punto Vienna fermerà i profughi alle proprie frontiere.
Dell’incessante flusso di immigrati al di fuori di ogni logica di programmazione e di capacità di accoglienza si è parlato anche nel corso di un incontro a Roma con il presidente del consiglio Matteo Renzi, il cancelliere austriaco Werner Faymann ha chiesto «maggiore impegno all’Unione europea per favorire il rimpatrio perché non si possono lasciare Italia e Austria da soli a fronteggiare il fenomeno». Faymann ha sottolineato come negli ultimi 12 mesi l’Austria ha accolto 90.000 persone richiedenti asilo, pari all’1% degli abitanti austriaci. Una soglia incrementabile, nei paini dell’Austria, fino all’1,5%, ma non oltre per evitare l’insorgenza di problemi sociali tra la popolazione autoctona.
L’ipotesi di una barriera al Brennero impensierisce assai gli amministratori altoatesini e trentini: in quest’area, il confine del Brennero viene sentito in modo particolare, dato che taglia in due il “Tirolo storico”, dal quale i sudtirolesi vennero separati con l’annessione all’Italia alla fine del primo conflitto mondiale nel 1918. I tre governatori di Bolzano, Trento e Innsbruck hanno annunciato una riunione d’urgenza per lunedì prossimo: «un eventuale blocco – ha detto il governatore altoatesino Arno Kompatscher – sarebbe per noi un fatto estremamente negativo. La caduta delle barriere al Brennero era stata una pietra miliare nella riunificazione delle parti separate del Tirolo».
Per il senatore della Svp Karl Zeller l’istituzione di una barriera al Brennero è un provvedimento «eccessivo» e un «segnale sbagliato». Lo stesso vale – secondo Zeller – per un hotspot. «I migranti che arrivano dalla tratta dei Balcani, con la chiusura del confine a Spielfeld, sceglieranno un valico vicino e non quello del Brennero. Il premier Renzi e il ministro degli interni Alfano mi hanno assicurato che, se l’Austria dovesse chiudere il confine verso la Slovenia e l’Ungheria, l’Italia lo farà con la Slovenia». Per Zeller, «se non si riesce a tenere aperti i confini interni dell’Europa, sarebbe una catastrofe e l’inizio della fine della Ue. Serve ogni sforzo possibile per evitarlo».
Se sul fronte austriaco ci si prepara seriamente a controllare (e, forse, a fermare) l’invasione degli immigrati, sul fronte italiano vige l’impreparazione. Lo affermano senza mezzi termini i rappresentanti del sindacato di polizia Siulp altoatesini: «quando c’era il confine tra Italia e Austria, al Brennero erano in servizio 130 agenti, mentre oggi siamo solo in 22». Sarà difficile gestire i respingimenti di coloro che tentano di passare, visto che l’Alto Adige e la stessa Italia non è affatto preparata a fronteggiare i massicci flussi migratori in corso.