L’Opinione di Rodolfo Borga
Consigliere provincia di Trento, lista Civica Trentina
Da lungo tempo siamo abituati a sentir magnificare la presunta diversità della politica trentina rispetto a quella italiana. In prima linea in questa operazione assai autoreferenziale coloro che negli ultimi lustri hanno governato il Trentino. E tra questi, manco a dirlo, più di altri si distinguono coloro che a torto od a ragione pretendendo di vantare ascendenze asburgiche.
Tra i caratteri distintivi dell’amministrazione trentina, rispetto a quella italiana, la sobrietà, la mancanza di finalità clientelari nella spesa del denaro pubblico, il senso di responsabilità per cui un amministratore pubblico non si sottrae alle responsabilità delle proprie scelte. Circa sobrietà e clientele, concetti ormai quasi estranei alla politica trentina, crediamo che i fatti parlino da soli. Due parole, invece, sul concetto di responsabilità crediamo vadano spese, anche alla luce delle recenti prese di posizione del presidente della provincia di Trento, Ugo Rossi e del senatore Franco Panizza, entrambi esponenti del Patt, il Partito Autonomista Trentino Tirolese.
Il primo, nel rispondere alle polemiche che, sorte intorno alla nomina al vertice della Fondazione Mach, hanno finito con l’interessare l’intero comparto della ricerca, ha testualmente affermato in una recente intervista ad un quotidiano locale, in aperta polemica con il suo predecessore Dellai, che “noi abbiamo la preoccupazione di far quadrare i conti che abbiamo ereditato e di far ripartire la nostra economia che in questi anni non ha certo visto una crescita”. Ancor meglio (o peggio, a seconda dei punti di vista) le dichiarazioni del senatore Panizza, il quale seraficamente sostiene che “oggi ci troviamo a sopportare il peso di tante scelte sovradimensionate del presidente Dellai”. E qui il senatore si lancia in un lungo elenco, che va dal Muse (con la sua serra tropicale) alla ricerca senza ricadute per il territorio, al Not (addirittura da ripensare!), dalla ricerca alle Comunità di valle.
Nulla da eccepire se Rossi e Panizza fossero reduci da anni di dura opposizione al sistema dellaiano. Anzi, l’elenco fatto dal senatore potrebbe essere molto più esteso: dall’erogazione di copiosi contributi finalizzati al consenso elettorale (con il senatore autonomista, peraltro, non secondo a nessuno) alle costosissime progettazioni per opere mai realizzate, fino alle spregiudicate operazioni immobiliari, non propriamente ispirate a finalità d’interesse pubblico (Whirlpool, ex Italcementi, ex Michelin).
Peccato, però, che i nostri novelli censori delle manie di grandezza dellaiane, governino la nostra Provincia da più di dieci anni e che, per dirla tutta, proprio alle “capacità elettorali” di Dellai (con il concorso più o meno volontario del PD) debbano in larga parte le loro attuali cariche. Prima dunque si governa con (meglio, grazie a) Dellai e se ne condividono le scelte. Poi, quando le cose si fanno meno facili, si rinnega di fatto un’esperienza di cui pure si è stati parte integrante e da cui si è avuto molto, anche in termini personali. Un modo di far politica tutto italiano (altro che diversità trentina con venature asburgiche), cui il concetto stesso di responsabilità è del tutto assente. Le responsabilità sono sempre di altri. Un po’ come per l’appalto del Not, quando, dopo l’annullamento della gara da parte del Consiglio di Stato, il presidente Rossi (all’epoca dei fatti assessore competente) non trova di meglio che prendersela con giudici e leggi (guarda caso come a Genova, dopo l’ennesimo disastro) e il senatore Panizza presenta addirittura un’interrogazione parlamentare chiedendo leggi meno difficili da applicare, rifacendosi proprio al caso del Not. I nostri asburgici amministratori, quindi, non si assumono la responsabilità di non aver saputo applicare correttamente la legge (la medesima in tutta Italia), ma se la prendono con chi ha dovuto rilevare l’errore commesso.
La situazione che chi governa il Trentino deve affrontare è veramente difficile; e bisogna riconoscere che lo sarebbe per chiunque e che le cause non sono certamente tutte riconducibili alla Giunta provinciale. Detto questo, a me pare che il primo dei passaggi da fare (tra l’altro a costo zero) sia quello di recuperare appieno quel senso di piena responsabilità delle proprie azioni che effettivamente un tempo era proprio degli amministratori e dei politici trentini. Perché autonomia vuol dire in primo luogo responsabilità, senza la quale ciò che rimane sono i contributi e le clientele.