Il Partito Pensionati nel NordEst non concorda con la proposta di pochissimi di abolire oltre la metà dei toponimi italiani in provincia di Bolzano
Di Giuseppe Pace (Segretario provinciale del Partito Pensionati di Padova)
Il Partito Pensionati nel NordEst, almeno quello della provincia di Padova, non concorda con la proposta di pochissimi altoatesini di abolire oltre la metà dei toponimi italiani in Alto Adige. Il territorio è una parte di natura e cultura (o ambiente) amministrato da uno o più enti pubblici come comuni, province, regioni e stato. Il territorio dello stato Italia comprende anche l’Alto Adige oltre che il Trentino.
Detto ciò, l’autonomia riconosciuta alle 5 regioni a statuto speciale, a volte, pare esageratamente interpretata da una esigua minoranza di persone che guidano la res pubblica. Sembra che queste poche persone, di ben identificata parte politico-partitica, residenti nel territorio dell’Alto Adige, stiano per decidere la cancellazione della maggior parte dei toponimi italiani. Dunque, torna la polemica sulla toponomastica in Alto Adige, pezzo di territorio italiano.
Secondo il consigliere provinciale di Alto Adige nel Cuore, Alessandro Urzì, la commissione paritetica Stato-Provincia autonoma, detta “Commissione dei Sei”, venerdì tratterà una norma d’attuazione che «comporterà la cancellazione del 57% dei toponimi italiani in Alto Adige». Il governatore Arno Kompatscher ha invece fatto sapere che «non è stata presa ancora nessuna decisione sull’effettivo utilizzo dei toponimi italiani. Si tratta infatti di una legge procedimentale e sarà un’apposita commissione ad occuparsi dei criteri».
Ma cosa ne pensano gli europarlamentari italiani eletti nella circoscrizione del NordEst che comprende 4 regioni: il Triveneto e l’Emilia Romagna? Quelli del PD tacciono, mentre la padovana Elisabetta Gardini, capogruppo di Forza Italia al parlamento europeo e commissario regionale di Forza Italia in Trentino Alto Adige, accusa il governo di «rischiare di riportare Bolzano, e più in generale l’Alto Adige, per un pugno di “Sì” al referendum costituzionale di Renzi, indietro di decenni, alla ormai superata contrapposizione tra la componente di lingua italiana e quella di lingua tedesca».
Per Gardini «l’apertura del premier a cancellare il 60% della toponomastica italiana altro non è che il goffo quanto vano tentativo di recuperare terreno in vista della consultazione popolare». Dunque è solo il centrodestra ad essere allarmato in Italia? E i grillini cosa dicono?
Come Partito Pensionati diciamo che la Storia non si deve disconoscere e prima di cancellare la toponomastica italiana nel territorio italiano dell’Alto Adige deve intervenire il nostro Stato nazionale ed esprimere un autorevole parere obbligatorio per il gruppetto altoatesino, affetto pare da imprinting galoppante! Diciamo anche che il populismo non porta verso una strada buona e la Repubblica di Platone non è stata minimamente applicata in Italia, mai, purtroppo.
Sull’argomento della toponomastica altoatesina interviene anche la deputata di Forza Italia, Michaela Biancofiore, secondo cui «non solo i cartelli con la dizione in italiano saranno cancellati, ma anche i monumenti storici coperti, scuole di epoca fascista abbattute, ecc. nel più completo silenzio colpevole dei governi italiani. La colpa non è della Svp che ha creato passo dopo passo uno Stato nello Stato, ma dei governi italiani che innanzi ai pochissimi voti elettorali Svp e in Parlamento ha sempre svenduto una parte pagata col sangue degli italiani della nostra Nazione», conclude Biancofiore che si appella al presidente della Repubblica sostenendo che «le Commissioni dei Sei e dei Dodici sono incostituzionali perché sfornano norme di rango costituzionale fatte da 6 o 12 persone ad di là dell’effettiva volontà popolare».
Se la Democrazia è il governo del popolo, in Alto Adige, si sta andando oltre e i 60 milioni di italiani potrebbero non essere concordi con le sei persone (quasi Doc, Dop e Igt) del pezzetto di territorio italiano ai confini con l’Austria.
Fa comodo agli altoatesini residenti il noto “Pacchetto Alto Adige”, che assicura solo a quel pezzo di territorio italiano una notevole autonomia finanziaria regionale e meno tasse. Forse è bene ricordare meglio il “Pacchetto Alto Adige”: nel 1969 si giunse, dopo anni di trattative, all’introduzione del cosiddetto “Pacchetto” che comprendeva 137 provvedimenti, dei quali 94 furono attuati per mezzo della modifica dello statuto regionale del 1948 per via costituzionale, 8 con norme di attuazione previste dallo statuto regionale, 15 con legge statale, 9 con semplici decreti, e il resto con atti amministrativi. Il “Pacchetto” fu accolto positivamente al congresso della SVP, nonostante la parte del partito che seguiva Peter Brugger non fosse in accordo con quella di Silvius Magnago. Dopo oltre dodici ore di dibattiti, il 23 novembre alle 2 di mattina iniziò lo spoglio: 583 delegati erano favorevoli al Pacchetto, 492 contrari e 15 schede bianche. Nonostante le diverse visioni, alla fine Magnago e Brugger si strinsero la mano e iniziando a collaborare nel partito. In seguito, il parlamenti di Italia e Austria lo ratificarono. La sua totale applicazione verrà eseguita dal 1972, anno in cui entrò in vigore il II Statuto dell’autonomia per la provincia di Bolzano. Eppure questa voglia di non volere i toponimi nostrani da parte di alcuni non scandalizzerebbe nessuno se sostituiti, invece che mutuati della cultura austo-tedesca, con toponimi di altre culture e storie lontane e non solo altoatesine, straniere e non italiane.