La politica o è etica o non è. Sulla vicenda dell’ex sindaco di Rovereto, il civico Francesco Valduga, e dell’ex direttore generale del comune, Mauro Amadori, questa indicazione potrebbe essere una corretta chiave di lettura. Ma, cerchiamo di riassumere la vicenda, dalla lettura degli atti ufficiali.
Valduga nel 2016 decide di prevedere nell’Amministrazione comunale roveretana la figura del Direttore Generale. Questa posizione non è obbligatoria, tanto che a Rovereto si è avuta, per un breve periodo, solo un’unica volta.
Ad Amadori, in questo contesto, furono conferite le funzioni dirigenziali e fu nominato Direttore Generale del Comune di Rovereto, per 47 mesi, dal 1° febbraio 2016, per un costo totale di Euro 575.673,51 (Euro 12.248,37 mensili). La Sezione di Trento della Corte dei Conti (CdC), sul periodo citato, emise una sentenza, la n. 81/21, con cui tra gli altri, Valduga veniva condannato a titolo di dolo. Questa sentenza venne appellata dai condannati e nei giorni scorsi, la Sezione Terza Giurisdizionale Centrale d’Appello della CdC, a Roma, ha emesso la sentenza n. 212/24, con la quale si conferma la sentenza di primo grado di condanna a titolo di dolo a Valduga, con una riduzione del danno.
In particolare, la sentenza d’Appello n. 212 del 2 agosto 2024 ha accertato la responsabilità principale anche del già sindaco Francesco Valduga «per aver conferito e prorogato (….) l’incarico di Direttore generale del Comune di Rovereto ad un funzionario amministrativo che non possedeva la qualifica di dirigente prevista dalla norma primaria di cui all’art.42 del d.P.Reg. 1 febbraio 2005, n. 2/L» ed ha accertato la responsabilità sussidiaria dei componenti della Giunta comunale «per aver contribuito con inescusabile violazione di norme di diritto, regole di prudenza e “facile condiscendenza” nel fare proprie le decisioni assunte da altri, alla realizzazione della procedura selettiva non conforme alla disciplina di rango primario e foriera di danno» (p. 81). Il fatto che il DG, che deve anche coordinare l’attività degli altri dirigenti, debba possedere la qualifica di dirigente all’atto della presentazione della sua candidatura sembra proprio un requisito ovvio.
Erano dunque corrette le critiche che le minoranze consiliari del tempo – il sottoscritto, la Lega e il PD – avevano manifestato il 16 novembre 2016 in Consiglio comunale a sostegno della proposta di delibera circa la «mancanza di presupposti (…) per il conferimento al dott. Mauro Amadori dell’incarico di Direttore Generale del Comune di Rovereto (….)». La maggioranza valdughiana non approvò tale proposta, minimizzando il tema e quasi irridendo alle argomentazioni prodotte. Quindi, per accertare la correttezza della nomina non rimaneva che la segnalazione alla Procura Regionale della Corte dei Conti di Trento.
Infatti, l’incarico era stato affidato ad un funzionario provinciale che in pochi giorni era passato dalla categoria D livello-base al ruolo di Direttore Generale del Comune di Rovereto, ovvero figura apicale di alta professionalità alla quale avrebbero potuto accedere dirigenti interni o esterni all’ente, già in possesso di tale qualifica conseguita attraverso un pubblico concorso.
Il tutto è avvenuto con il pieno coinvolgimento di Valduga, il quale, come accertato in sentenza, già in sede di audizione presso la Procura Regionale della Corte dei Conti di Trento si era assunto l’“autoresponsabilità” del tutto, riferendo l’intera operazione amministrativa anche alla sua persona (p. 114).
Nel frattempo, la sezione di Trento della CdC, vista la riconferma di Amadori, ha esaminato il periodo successivo a quello oggetto della sentenza n. 81/21 – dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2022, 30 mesi, per un costo totale di Euro 461.249,47 (Euro 15.374,98 mensili) – emettendo la sentenza n. 33/23, che confermava di fatto quella del 2021, con condanna a titolo di dolo di Valduga. Quest’ultima sentenza sarà esaminata in sede di Appello.
Per coloro che volessero approfondire la tematica si consiglia la lettura della sentenza n. 212/24, alle pag. 90, 97, 100, 103 e 104 in merito alla mancanza dei titoli ad Amadori e le pag. 104, 111, 116 e 117 per la sussistenza del titolo di dolo a Valduga e altri.
Preme ora avanzare una semplice considerazione: la questione Valduga/Amadori è stata valutata, dalla sezione di Trento della CdC, da ben due diversi Procuratori e da altrettanti due diversi collegi giudicanti, ma, non solo, anche da un ulteriore collegio giudicante in sede di appello a Roma. Il tutto in anni diversi.
Le sentenze nella sostanza riscontrano tutte una condanna a titolo di dolo per Valduga, seppur un danno erariale modulato in sede di appello, pertanto non è ipotizzabile che tutte e tre siano incorse in errori così gravi. Tutte e tre hanno giudicato nello stesso modo i fatti.
Dalla lettura delle sentenze non vi è riscontro di un giudizio di merito sul lavoro di Amadori. Questo è un altro tema che, semmai, va affrontato separatamente, accennando almeno alla capitozzatura di cui fu oggetto la dirigenza comunale.
Ultime considerazioni. Lasciamo perdere l’Autonomia. Innanzitutto perché il riferimento normativo è proprio un decreto del presidente della regione. Inoltre, sarebbe una ben patetica rappresentazione dell’Autonomia se la stessa fosse utilizzata per abbassare il livello di rispetto delle leggi e anzi fosse lo strumento per una gestione capricciosa e senza precisi riferimenti normativi della cosa pubblica.
Ciascun cittadino che voglia giustamente essere tale e non suddito, deve compiere il proprio dovere anche nella segnalazione di eventuali situazioni illegali. E’ impegnativo e porta responsabilità, ma è un dovere civico che migliora il nostro vivere comune.
La politica soffre di una grave crisi di credibilità. Pensiamo solo al preoccupante assenteismo dalle elezioni, arrivato a circa il 50% dell’elettorato. A coloro che sono impegnati in politica è richiesto, giustamente, un livello di moralità e credibilità superiore al comune cittadino.
Non molto tempo fa, la politica era molto severa verso situazioni simili. Ricordiamo chi chiese l’allontanamento dalle istituzioni «in nome della questione morale e della buona amministrazione». Ora la casta è preoccupantemente fin troppo silente.
Tutto questo perché il nostro inno nazionale non sia sostituito da Povera Patria, di Franco Battiato.
Per rimanere sempre aggiornati con le ultime notizie de “Il NordEst Quotidiano” e “Dario d’Italia”, iscrivetevi al canale Telegram per non perdere i lanci e consultate i canali social della Testata.
Telegram
https://www.linkedin.com/company/ilnordestquotidiano/
https://www.facebook.com/ilnordestquotidian/
X
https://twitter.com/nestquotidiano
© Riproduzione Riservata