#Autonomia, cari cittadini del Sud…

Lettera aperta del governatore del Veneto Luca Zaia a mezzo social a coloro che vedono nell’autonomia delle regioni del Nord un pericolo per i finanziamenti pubblici nel Meridione.  Di Luca Zaia

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sondaggio per le elezioni regionali 
Il governatore del Veneto uscente Luca Zaia si prepara alla rielezione con oltre l'80% dei consensi.

#Autonomia… Leggo del grande dibattito che in ogni sede istituzionale si sta svolgendo sull’autonomia. Leggo di parlamentari che organizzanoriunioni contro l’autonomia. E rimango allibito da quanto sta accadendo.

Mi permetto, a questo punto, una modesta, piccola riflessione tutta rivolta ai cittadini del Sud dell’Italia.

L’eroica gente del nostro Sud è una foresta che cresce, quotidianamente, ma che non ha mai avuto diritto di parola. Fateci caso: c’è sempre qualcuno che, in continuazione, sigilla il coperchio sopra questa pentola in positiva ebollizione e, con inquietante puntualità, indica la strada sbagliata da percorrere.

È indubbio che il Sud sia uscito dalla Seconda Guerra Mondiale ferito quanto il Nord, devastato, con una massiccia emigrazione(ricordo che in molte zone del Sud America il Veneto è di fatto la seconda lingua, se non la prima, e che tanti sindaci e governatori amministrano zone del mondo come i figli migliori del Sud), senza infrastrutture, con le città distrutte. Il Secondo Conflitto rappresenta un – anche se drammatico – punto di partenza comune, ma resta innegabile che in questi decenni si sia venuta producendo una divaricazione profonda. Alcuni territori, quelli del Nord, sono economicamente decollati; quelli del Sud, non si sono, invece, mai affrancati, come sarebbe stato giusto e legittimo attendersi, visto il loro potenziale umano e ambientale.

Basti pensare al fatto che il Veneto è la prima regione turistica d’Italia: 70 milioni di presenze, 17 miliardi di fatturato. I mari e i panoramidel Sud non meriterebbero forse altrettanto? Qualcosa quindi è accaduto. O, per meglio dire, NON è accaduto al Sud. Anche senza un’autonomia del Nord, in questi decenni il Mezzogiorno non ha portato a casa nulla in termini di sviluppo. E non mi si venga a dire che abbia avuto meno opportunità del Nord, in termini di cospicui investimenti sul fronte infrastrutturale, dei fondi comunitari, degli aiuti di Stato (quando erano possibili), delle agevolazioni fiscali e quant’altro. Io non voglio, tuttavia, fare il processo al passato.

Svolgo un altro ragionamento: questa autonomia, richiesta da Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, che viene dipinta ai cittadinicome la morte del Sud è, invece, una grande opportunità per loro. E anche per noi. Nord e Sud sono, infatti, legati a filo doppio, come dimostra l’azione politica del mio segretario, Matteo Salvini, che va proprio in questa direzione. Nel contesto di uno stato federale, non esiste che una comunità sia lasciata andare allo sbando a tutto vantaggio di un’altra.

La verità (suggerisco ai cittadini del Sud di osservare bene la realtà dei fatti) è che l’autonomia fa paura a molti amministratori del Sud, perché essa è una vera assunzione di responsabilità. E questo fattore fondamentale per la corretta gestione delle risorse pubblicheche, troppo spesso, vediamo sprecate senza alcun vantaggio per i cittadini, è proprio ciò che crea forti timori in determinati ceti politici e amministrativi. A queste spaventatissime istituzioni del Mezzogiorno, dico: non potete continuare a vendere ai vostri cittadini soltanto la suggestione che l’autonomia li farà morire. Se sostenete questo, per coerenza, dovete andare dai vostri elettori e dire qual è l’alternativa.

Perché, e qui mi rivolgo sempre ai cittadini del Sud, chi racconta nelle istituzioni, nelle piazze, in Parlamento, che l’autonomia è un baratro per il Mezzogiorno, dice qualcosa di contrario alla Costituzione vigente. Quei parlamentari e amministratori del Sud che si dicono fieramente contro l’autonomia, per coerenza dovrebbero chiarire qual è la loro idea di Costituzione e perché non si stanno attrezzando a scrivere nero su bianco una proposta di modifica della Carta costituzionale. È l’unica strada possibile e percorribile. E, magari, scopriremmo che questa modifica pretende a chiare lettere il ritorno allo stato centrale. Quel centralismo che, non mi stanco di ripetere, è centrifugo e quindi disgrega le nazioni, mentre il federalismo è centripeto, le unisce. D’altronde, senza essere raffinati e autorevoli centri studi econometrici, è sufficiente dare un occhio alle economie, al PIL, allo sviluppo industriale e sociale delle nazioni a modello federaliste e confrontarlo con i modelli falliti delle nazioni a modello centralista, per capire dove sta la ragione.

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